Il Movimento 5 Stelle chiede il finanziamento pubblico

L'assemblea degli onorevoli ha deciso di demolire la penultima regola rimasta. Ora resta solo il divieto dei due mandati

Manovra sotto accusa
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse 27-09-2018 Roma Politica Deputati e Senatori del Movimento 5 Stelle festeggiano davanti Palazzo Chigi dopo il Consiglio dei Ministri sul Def Nella foto Luigi Di Maio si affaccia dal balcone di Palazzo Chigi Photo Fabio Cimaglia / LaPresse 27-09-2018 Roma (Italy) Politic Deputies and Senators of the 5 Star Movement celebrate in front of Palazzo Chigi after the Council of Ministers on Def In the pic Luigi Di Maio

E’ solo l’ultima giravolta del Movimento 5 Stelle. Deputati e senatori grillini, riuniti in assemblea, hanno detto sì al finanziamento pubblico attraverso il 2 per mille. Una decisione che fa carta straccia di uno dei tanti impegni presi dai pentastellati nei confronti dei loro elettori. Una lunga serie di cambi di rotta iniziata con il via libera alle comparsate in tv, agli inizi causa sufficiente per l’espulsione immediata degli ex “attivisti”. Oggi il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non disdegna nemmeno Fabio Fazio.

Poi è stata la volta dell’espulsione degli indagati. La ex sindaca di Roma Virginia Raggi non fu espulsa nemmeno dopo il rinvio a giudizio. Certo, poi è stata assolta, ma nelle more del giudizio i vertici del Movimento avevano comunque deciso di tenerla dentro.

Poi è caduto anche il vincolo del “mai alleanze”, infranto prima con il matrimonio politico con la Lega di Matteo Salvini, poi con il Partito democratico e infine con tutti gli altri, tranne Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni (per decisione di questi ultimi). Avevano annunciato competenza al governo, e invece un ex steward dello stadio San Paolo di Napoli è stato prima ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, poi ministro degli Esteri e siede tuttora nel governo guidato da Mario Draghi.

Tra l’altro, poche ore prima dell’annuncio dell’alleanza con il Pd l’allora capo politico Di Maio dimostrò quanto contasse la sua volontà come leader Movimento annunciando in video davanti all’Italia intera: “Io con il partito che fa l’elettroshock ai bambini non voglio averci niente a che fare”. Infine moltissimi onorevoli, una volta entrati in parlamento, hanno deciso di non restituire i propri compensi. La stagione delle espulsioni non è riuscita a riportare il sereno nella creatura di Beppe Grillo, oggi alle prese anche con il rinvio a giudizio di suo figlio Ciro per violenza sessuale di gruppo nella sua villa in Sardegna.

Avevano promesso anche che avrebbero cacciato via i Benetton dalla gestione delle autostrade italiane. Assicuravano di aver sconfitto la povertà, che il Reddito di Cittadinanza non sarebbe stato solo una pioggia di soldi per criminali e nullafacenti, che avrebbe favorito l’occupazione. Invece l’Istat continua a fotografare una situazione decisamente diversa.

Sul 2 per mille, come al solito, si è mostrato critico Alessandro Di Battista, che pure aveva promesso di lasciare il Movimento se questo si fosse alleato con “i partiti che hanno rovinato l’Italia”. Lo disse, naturalmente, prima ancora dell’alleanza con Salvini. Ai grillini il finanziamento pubblico non dispiace. Ma solo quando è per loro. Se serve per evitare la scomparsa di buona parte dell’informazione libera in Italia, quella che fa concorrenza ai grandi gruppi editoriali di Silvio Berlusconi, Francesco Caltagirone, Urbano Cairo e famiglia Agnelli, allora no. Non va bene. Ora resta solo un’ultima regola, quella del divieto di superamento dei due mandati. Ma ne stanno già discutendo da tempo…

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