
Ogni volta che un nuovo Papa viene eletto, prima di affacciarsi dalla loggia di San Pietro deve compiere una scelta carica di significato: quella del nome pontificale. Si tratta di una tradizione antichissima che simboleggia una “seconda nascita”, come spiega lo studioso Claudio Rendina, e che risale alle origini della Chiesa Romana. Papa Francesco è stato il primo nella storia a scegliere questo nome, ispirato al poverello di Assisi; Benedetto XVI lo fece in onore del santo omonimo, mentre Giovanni Paolo II volle rendere omaggio al suo predecessore, morto dopo appena un mese di Pontificato. Secondo la Treccani, il nome pontificale segna l’inizio di un nuovo percorso spirituale e guida simbolica. Alcuni nomi, come Pio, evocano virtù cristiane; altri, come Alessandro VI o Giulio II, richiamano figure storiche come Alessandro Magno e Giulio Cesare. Già nel 532, il Papa Mercuriale – nome di battesimo legato al pantheon pagano – scelse di chiamarsi Giovanni II, segnando una tappa fondamentale nella trasformazione di un nome in simbolo spirituale e politico del Pontificato. Il nome Pietro, per rispetto al primo apostolo, non è mai più stato scelto: addirittura, chi lo portava al battesimo lo cambiava. È il caso di Pietro di Pavia, che nel 983 divenne Papa Giovanni XIV. Nella storia, i nomi più frequenti sono stati Giovanni (23 Papi), Gregorio e Benedetto (16), Clemente (14) e Innocenzo e Leone (13). Paolo, in riferimento all’apostolo, è stato scelto otto volte.
L’elezione del Pontefice richiede almeno i due terzi dei voti dei cardinali. Se non si raggiunge la maggioranza dopo numerosi scrutini, si procede a un ballottaggio tra i due candidati più votati, senza che questi possano esprimere preferenze. Le attuali regole sono state stabilite dal motu proprio di Benedetto XVI del 2007, che ha riportato in vigore la tradizionale norma sulla maggioranza qualificata. Il conclave avrà inizio il 7 maggio.