RABAT – I cattolici in Marocco sono davvero un ‘piccolo gregge’, che però esiste e resiste, in un Paese al 99% musulmano sunnita. E non sono una minoranza soltanto nel Paese, ma in tutto il Maghreb: popolo di immigrati, perlopiù, lavoratori e studenti dell’Africa subsahariana.
Il messaggio di papa Francesco ai cristiani in Marocco
A loro, circa 25mila nel Regno, Papa Francesco dedica la chiusura del suo viaggio a Rabat, dopo essersi concentrato sul dialogo interreligioso con l’Islam moderato e sul dramma dei migranti. Non serve essere numerosi, dice Bergoglio, l’essenziale è essere significativi. E ricorda, ancora una volta, le parole di Benedetto XVI: “La Chiesa, non cresce per proselitismo, cresce per attrazione”. Perché il proselitismo porta sempre a un vicolo cieco.
Il ruolo della Chiesa nella società marocchina
La presenza della Chiesa, qui, fa la differenza per moltissimi. Sono gestiti da cattolici decine di istituti scolastici di prestigio e di opere di beneficenza. Come il centro rurale dei servizi sociali di Témara, che Bergoglio vuole visitare in forma privata. Una realtà curata dalle Figlie della Carità che offre alfabetizzazione, sostegno scolastico, aiuto psicologico, cure mediche per i malati, soprattutto per i grandi ustionati. I bimbi che frequentano l’asilo indossano i loro abiti migliori per ricevere il Papa, sono tanti, rumorosi, colorati. Bergoglio scherza con loro, li ascolta, li saluta singolarmente.
Promuovere il dialogo tra cristiani e musulmani
Poi, con il Clero marocchino e con il consiglio ecumenico delle cinque Chiese cristiane presenti sul territorio, prende in prestito le parole di un altro suo predecessore, Paolo VI, insistendo sulla necessità di entrare in dialogo col mondo: “La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa colloquio”. Una via, quella del dialogo, che, in questa regione particolarmente, è necessario costruire mattone dopo mattone “in nome della fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini”.
No all’odio e alla violenza
Nessun distinguo, bando alle divisioni e elle emarginazioni, perché non è con la violenza, non con l’odio, né con la supremazia etnica, religiosa, economica, che si riuscirà a convivere. Richiama i cristiani a essere a non lasciare nessuno indietro: i piccoli, i poveri, i prigionieri, i migranti: “È la carità, specialmente verso i più deboli, la migliore opportunità che abbiamo per continuare a lavorare in favore di una cultura dell’incontro”.
Il pontefice lascia il Marocco
E anche quando le circostanze possono alimentare la divisione e il conflitto, bisogna ricordare che “l’odio e la vendetta non fanno che uccidere l’anima della nostra gente, avvelenare la speranza dei nostri figli, distruggere e portare via tutto quello che amiamo”. Dopo due giorni intensi di lavori e incontri, il cerchio si chiude così, con la messa più partecipata della storia del Marocco, nello stadio principe Moulay Abdellah, e la richiesta al suo popolo di perseverare nella collaborazione con i fratelli musulmani: “Possiate essere qui i servitori della speranza di cui il mondo ha tanto bisogno”.
(LaPresse/di Maria Elena Ribezzo)