Non finiremo mai di stupirci innanzi alle scemenze ed all’ignoranza di quanti si nascondono dietro una tastiera in quel luogo metafisico che sono i social network. Sovviene alla mente l’ironico epitaffio di Umberto Eco quando, a proposito dell’utilizzo di Facebook, ebbe a dire che questo spazio virtuale “ha dato diritto di parola, aprendo una finestra sul mondo, a tutti gli ignoranti”. Che costoro fossero tali prima lo sapevano i parenti e gli amici stretti. Adesso invece gli asini fanno bella mostra di sé sulla rete, argomentando e pontificando sullo scibile universalmente conosciuto dall’umanità. Passano con disinvoltura da un tema all’altro con la stessa levità tipica di chi non possiede altro bagaglio culturale che quello delle fresche letture spesso sotto forma di notizie acquisite nel fiume carsico della cronaca che investe chi la segue senza capacità di riflettere. Il fatto di potersi inserire in tutte le discussioni viene inteso come la possibilità di poterlo fare a prescindere. Una sorta di patente che non richiede altro che la faccia tosta e una grande ignoranza. Persone che non oserebbero parlare di algebra o di chimica senza averle prima studiate, parlano a tutto spiano di politica e geo storia, materie che non hanno mai conosciuto. Qualcuno afferma che sia il segno dei tempi oppure un dazio da pagare all’età della telematica che porta i “discussant” dalle conventicole da bar di paese agli onori di una vasta platea. Tuttavia ogni cosa ha un proprio limite. Improperi a parte e offese gratuite, non si riesce, infatti, a resistere dal dover intervenire innanzi alla “ciucciaggine” sesquipedale di certi tizi, soprattutto quando essa è frutto di una manipolazione ragionata della verità storica al fine di irretire i meno avveduti ed i più inclini a dare consenso alle asinerie. Accade quando si discute di politica e strategie militari, interpretando, in maniera fantasiosa, i fatti nudi e crudi di una realtà tragica e documentata qual è la guerra in Ucraina. Ecco allora che le scemenze e la presunzione di un’originalità di pensiero, si auto celebrano ergendosi ad antagoniste del “mainstream”. Quello che diventa insopportabile, in casi del genere, è la moda di dare sostegno a questa superiore diversità di pensiero attraverso la falsificazione storica e la creazione di paradigmi tra il presente ed il passato al fine di dimostrare che chi condanna i massacri degli ucraini da parte dei russi, senza se e senza ma, è servo del pensiero unico governativo. Insomma: è uno sciocco vittima dei raggiri del potere di chi ci governa e, peggio ancora, di non meglio precisati disegni tirannici. Nel caso del vaccino anti Covid-19 il “grande vecchio” che tesseva le trame eversive e plutocratiche veniva individuato nel board delle industrie farmaceutiche, soprattutto quelle statunitensi. Per la guerra in Ucraina il “grande vecchio” diventano Joe Biden e la Nato. Il paradigma viene poi costruito sul mettere a confronto l’indignazione di oggi per gli eccidi ucraini con l’indifferenza per analoghe situazioni verificatesi in passato. Una sorta di beffardo ricordo di come la comunità internazionale occidentale, imperniata intorno agli States ed ai suoi interessi, abbia taciuto quando analoghi e tragici eventi venivano perpetrati dagli americani. Si citano allora le guerre arabo-palestinesi, i conflitti in Siria, Yemen, Iraq, Afghanistan e la guerra nella ex Jugoslavia. Non un cenno ai diversi contesti regionali e alle diverse cause che pure scatenarono quegli stessi eventi bellici. Una sorta di gioco di società nel quale il presunto comportamento nel passato rispetto ad analoghe circostanze come quelle ucraine, è chiamato, in qualche modo, a mitigare le responsabilità politiche e umanitarie di chi oggi le ha determinate proditoriamente. In soldoni: Putin sarebbe stato coperto di troppa infamia, a differenza di quanto accaduto ad altri leader negli anni scorsi. Un modo come un altro per dire “così fan tutti”, inutile fare tanti drammi. Tuttavia analizzando i precedenti non troviamo casi simili a quelli odierni, anzi la guerra in Iraq cominciò proprio per punire l’annessione del Kuwait da parte di Saddam Hussein. Le altre furono guerre innescate da rivalità tribali su base etnica e religiosa a cominciare da quelle contro Israele e il terrorismo internazionale che ne derivò (con l’Olp ed Hamas). Lo stesso in Siria, divenuta sede e covo dei terroristi dell’Isis. Così nel martoriato Libano tra Cristiano maroniti e musulmani. E così fu per le atrocità commesse dei Serbi a Sebrenika in Bosnia a cui pose termine l’intervento militare della Nato entrata in azione bombardando Belgrado allo scopo di porre fine al regime dei macellai serbi, poi condannati per genocidio dalla corte dei diritti dell’Uomo a l’Aia. Insomma: si diffonde un paradigma dell’orrore che, a conti fatti, è ancora più orrido di quello che si intende sminuire.