IL PRECEDENTE. Tragedia funivia Monte Faito. Nel Ferragosto 1960 stesso epilogo: 4 vittime

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VICO EQUENSE – La tragedia della funivia del Monte Faito ha scosso profondamente l’Italia. Un dramma che ha toccato il cuore di tutto il Paese, ma che in alcune regioni, ha riaperto ferite mai rimarginate. Non si è trattato di un evento isolato. La storia del trasporto a fune in Italia, e in particolare nelle zone montane, è costellata di episodi tragici, spesso dimenticati, in cui la bellezza delle vette si è trasformata in teatro di sciagura. Uno dei precedenti più drammatici è il disastro della funivia di Champoluc, in Valle d’Aosta, avvenuto il 13 febbraio 1983. Tre cabine, i famosi “ovetti”, precipitarono da un’altezza di circa 30 metri. Morirono undici persone. L’unico superstite fu un bambino di 9 anni, rimasto orfano della sua famiglia. Ma i precedenti in Valle d’Aosta sono numerosi e inquietanti.

La serie nera inizia già il 10 agosto 1957, quando una cabina della funivia di Cogne, al servizio degli operai della Cogne Acciai Speciali, precipitò in un burrone. Morì un operaio, undici rimasero feriti. Il 29 agosto 1961, poi, un caso clamoroso sul Monte Bianco: un cacciabombardiere francese tranciò i cavi della funivia bifune. Tre cabine si schiantarono nel vuoto, causando sei vittime. Altri passeggeri, sospesi nel vuoto, furono salvati dopo una notte intera passata a mezz’aria, in condizioni estreme. Sempre sul Monte Bianco, si verificò un altro incidente il 9 aprile 1966, quando una delle cabine della funivia tra Punta Helbronner e l’Aiguille du Midi precipitò a causa del cedimento di un pilone sospeso al Grand Flambeau. Morì una persona, altre 13 rimasero ferite, travolte dalle lamiere e dallo schianto sul ghiacciaio.

Il 1983 è l’anno più nero: accanto alla tragedia di Champoluc, c’è da ricordare anche l’incidente di Courmayeur del 30 agosto 1994, in cui perse la vita il macchinista. Fortunatamente, non ci furono altri morti, ma l’episodio evidenziò ancora una volta la fragilità di questi impianti in contesti estremi. Più recenti, ma non meno pericolosi, due episodi del 2016. L’8 settembre, sempre sul Monte Bianco, 120 persone rimasero bloccate nella cabinovia per ore a causa di un guasto tecnico. Furono tratte in salvo grazie all’intervento congiunto di elicotteri e soccorritori alpini. Un analogo incidente avvenne il 24 dicembre dello stesso anno, sulla funivia Plan Maison – Cime Bianche, a causa di forti raffiche di vento e una bufera di neve. Le 153 persone a bordo vennero evacuate in sette lunghe ore, senza feriti ma con tanta paura. E poi la tragedia, più recente, del 23 maggio 2021: l’incidente della funivia Stresa-Alpino-Mottarone Stresa-Alpino-Mottarone, dove la fune traente dell’impianto ha ceduto, causando la caduta di una delle cabine in transito, al cui interno si trovavano quindici persone; quattordici di loro sono morte, mentre un bambino è rimasto gravemente ferito Fuori dalla Valle d’Aosta, ma ugualmente significativa, il dramma di ieri.

Dramma che vanta un precedente. Era il 15 agosto 1960, Ferragosto. Una cabina in discesa, per un errore umano, arrivò a valle senza rallentare e si schiantò sui binari della Circumvesuviana, causando quattro morti. Tra le vittime, un commerciante, suo figlio di 9 anni, un pensionato e il manovratore della cabina. Dopo l’incidente, l’impianto fu chiuso per trent’anni e riaperto nel 1990, completamente rinnovato. Una storia che si ripete. Ieri, proprio sulla funivia del Faito, si è consumato un nuovo dramma. Una cabina è precipitata nei pressi della stazione a monte. Il bilancio provvisorio è di quattro vittime, tra cui un dipendente dell’Eav, e un ferito grave, trasportato d’urgenza all’Ospedale del Mare. Anche in questo caso, la rottura del cavo di trazione potrebbe essere la causa principale, mentre le indagini sono in corso. Le coincidenze con la tragedia del 1960 – stesso impianto, stessa dinamica, stesso numero di vittime – alimentano interrogativi angoscianti. La funivia del Faito, inaugurata il 24 agosto 1952, è un simbolo del turismo campano. Collega Castellammare di Stabia alla cima del monte Faito in appena otto minuti, regalando un panorama spettacolare sul golfo di Napoli. Ma oggi, quell’immagine idilliaca è lacerata da un nuovo lutto.

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