Aveva ragione Napoleone quando coniò il famoso aforisma: “Tra il sublime ed il ridicolo non c’è che un passo”. Il grande Corso, oltre ad essere un grande stratega militare, fu anche una mente dall’eccelso ingegno e come tale profonda conoscitrice dell’animo umano. La frase di Bonaparte torna utile in questi giorni di calura agostana allorquando si apprendono dalla stampa taluni fatti che ne confermano la bontà di fondo. Il primo riguarda la scuola italiana o meglio quel poco che ne rimane come luogo di istruzione e di educazione. La vicenda si realizza in combinato disposto con un’altra sghemba istituzione di casa nostra: i Tribunali Amministrativi Regionali (Tar). Uno di questi, entrando pesantemente e credo illegittimamente, nella decisione assunta dal collegio dei docenti di bocciare un alunno che aveva totalizzato ben sei insufficienze in varie materie, lo ha promosso… per sentenza! Non è la prima e temo che non sarà neanche l’ultima volta, che un tribunale amministrativo, adito dai genitori di un bamboccione asinello, modifichi gli esiti di un esame scolastico oppure di una selezione per l’accesso ad una facoltà universitaria o ad un concorso pubblico, accogliendo l’istanza del ricorrente. Innanzitutto c’è da rilevare che questa istituzione giudiziaria è la massima espressione dell’incongruente rapporto esistente tra Stato e cittadino: un esempio chiarissimo di come il primo abbia sentito il bisogno di regolare i rapporti con i secondi (propri amministrati) mediante l’utilizzo di un codice speciale: quello amministrativo e di tribunali a tanto dedicati. Insomma il rapporto tra Stato e cittadini è tanto diffidente ed irto di ostacoli che non bastano gli articoli del voluminoso codice civile a regolarne i rapporti né la magistratura ordinaria. In effetti il cittadino non viene considerato come parte dello Stato ma cosa diversa da esso, quasi ne fosse un suddito e non un componente. Ed in quanto tale, nel momento in cui si imbatte in un provvedimento burocratico ossia della pubblica amministrazione, viene giudicato con un codice ed un tribunale speciale e non ordinariamente in sede di giudizio civile da un giudice ordinario. Si obietterà che tale stato di cose può servire a tutelare il cittadino da errori ed abusi del potere burocratico, ma essendovi già un codice ed una giustizia civile si tratta solo di un pleonastico ordinamento che mette altra distanza tra amministrati ed amministratori. Vari sono i casi eclatanti di sentenze diametralmente opposte espresse dallo stesso collegio giudicante e sul medesimo argomento che ormai non si contano. Influisce sui giudizi anche lo spurio, forte legame tra giudice amministrativo e potere politico, atteso che esiste una continua osmosi tra questi togati e gli incarichi che assumono presso uffici legislativi, direzioni generali e gabinetti dei ministeri. Insomma spesso compagni di merenda non si pestano i piedi! Tornando al fatto specifico, il Tar ha decretato, bontà sua, che le insufficienze su ben sei materie (circa la metà di quelle studiate!) non comportino automaticamente la bocciatura, ma che si debba tener conto dei progressi che complessivamente lo studente ha fatto, nel corso dell’anno, in quelle stesse materie. Fuori dal linguaggio giuridico significa che se il ragazzo ha cominciato con un 2 ed ha finito con un bel 4 allora la promozione è possibile! Significa altresì che non esiste più un limite che determini a priori la sufficienza, avendo abolito la valutazione del merito espressa in numeri, sostituita da quella descrittiva condita da “chiacchierologia” pedagogica. Musica celestiale per le lunghe orecchie degli asini! Il secondo episodio da citare è quello avvenuto in un lussuoso albergo della Sardegna: un buffet con al centro della tavola una modella in costume da bagno ricoperta di cioccolato, faceva bella mostra di sé. Un corpo da consumare era il messaggio subliminale: un invito a considerare quella bellezza come una pietanza erotica ed afrodisiaca offerta ai commensali. Una vergogna! Eppure siamo pieni zeppi di teorie del “politicamente corretto” che concedono al body della donna sia la libertà, senza condizioni ed accortezze di prudenza, sia l’inviolabilità del corpo stesso senza consenso. Guai poi a rilevare che spesso le stesse donne utilizzate oppure abusate siano in condizioni di ubriachezza e sotto l’effetto di stupefacenti tanto da renderle inconsapevolmente più facile preda dei vigliacchi di turno. Questi ultimi purtroppo vengono rilasciati dopo poche settimane dalla condanna da una giustizia che non li punisce definitivamente, come invece sarebbe suo dovere (leggi castrazione chimica). Insomma alla fine della fiera siamo ormai arrivati a limiti non solo deprecabili ed immorali, parola in via di estinzione nella nuova etica pubblica come il decoro e la prudenza, ma oltre quel limite che passa tra il sublime delle mode ed il ridicolo di una realtà amara se non violenta.