di Donatella Di Nitto
ROMA (LaPresse) – Pietro Grasso dovrà restituire oltre 83mila euro al Partito democratico per i mancati contributi versati. Il tribunale di Roma mette la parola fine, almeno per ora, al braccio di ferro tra il Nazareno e l’attuale leader di LeU. Il partito, con i conti in rosso e i dipendenti in cassintegrazione, ha deciso di procedere per vie legali contro gli oltre 60 parlamentari morosi.
Si parla infatti di una somma complessiva mancante di un milione e mezzo di euro. Contando i 1.500 euro mensili che deputati e senatori, per lo più passati a Mdp, non hanno corrisposto dopo aver aderito al gruppo di Camera o Senato del Pd. Tra i volti noti figurano Simona Valiante con 53 mila euro da versare, Guglielmo Vaccaro con 43 mila, Elisa Simoni con 49 mila e Piero Martino (ex portavoce di Dario Franceschini) con 78 mila. Mentre Marco Meloni, viene riferito dal Nazareno, avrebbe saldato il debito di 10mila euro.
E tra i più inadempienti c’è proprio l’ex presidente del Senato con una somma da capogiro, che ammonta per la precisione a 83.250 euro
Grasso si difende e, dopo aver chiarito di non aver ricevuto alcuna notifica, annuncia che quando arriverà “farò opposizione”. L’ex magistrato, inoltre, sostiene “che nessuno mi ha mai chiesto una determinata cifra mensile nel corso di tutta la scorsa legislatura”. E comunque nella veste di presidente del Senato “non ho ritenuto di finanziare alcuna attività politica. Oltre ad aver rinunciato, tra le altre, alla parte di indennità che viene solitamente utilizzata per finanziare i partiti”. Giustificazione contestata dal Nazareno. “Il presidente – spiega una fonte autorevole – confonde il contributo al partito con l’adesione al gruppo parlamentare”, regolamentata dallo Statuto. E che procede con notifica a inizio di ogni legislatura dopo la formazione dei gruppi “nella quale viene specificata la cifra mensile di 1.500 euro”.
Il leader di LeU sostiene poi di aver chiesto per mail “più di un mese fa un incontro con Bonifazi e i rispettivi legali. Ho rinnovato la richiesta direttamente a lui due giorni fa per dimostrare, carte alla mano, le mie ragioni ed evitare il contenzioso”. Rumors di palazzo parlano infatti di un incontro avvenuto proprio questa settimana, mercoledì scorso. Quando si è insediata la Giunta per le Immunità del Senato, preceduto da una mail di Bonifazi che gli annunciava l’intenzione di procedere con il decreto ingiuntivo.
E’ duro comunque l’attacco dell’ex seconda carica, che mette in dubbio la gestione di Bonifazi
“Evidentemente il tesoriere del Pd ha bisogno di scaricare su altri le colpe della sua pessima gestione, e provare a trasformarle in un mezzo strumentale e propagandistico”. E la replica arriva inesorabile e piccata: “La gestione del Pd è stata virtuosa in questi anni”, contrattacca Bonifazi. “I problemi amministrativi derivano dall’abolizione del finanziamento pubblico, non dalle campagne elettorali. Peraltro ricordo all’ex presidente che il Pd raccoglie con il 2×1000 una quota pari al 50% delle intere opzioni. Apprezzabile il tentativo di Grasso di sviare sui guru americani, ma sono le leggi italiane a dire che lui deve pagare”. E infine l’affondo: “Non avrei mai immaginato di dover chiedere un decreto ingiuntivo per un ex magistrato di chiara fama, che dovrebbe conoscere il significato della parola legalità. Ma se Grasso insiste andremo avanti perché dove non arriva il buon senso, arrivano i decreti ingiuntivi”.