Ho avuto modo di leggere una lunga ed accorata lettera del primario di un reparto di anestesia e rianimazione sui comportamenti, sempre più diffusi, di totale diffidenza nei confronti della scienza (e di quella medica biologica in particolare) da parte di un sempre più vasto numero di persone, soprattutto di giovani. Costoro rifiuterebbero le cure mediche, anche quelle salvavita, convinti che quelle pratiche siano ben altro che un ponderato ed opportuno “rimedio”. L’idea per questi (im)pazienti, che sembrano cresciuti nella piena diffidenza verso la comunità ed i saperi altrui, anche quando questi sono rivolti a prendersi cura di loro, è quella che le terapie proposte siano, in realtà, null’altro che un “artifizio”, il frutto di un non meglio precisato “sistema” politico e sociale che vuole imporsi a loro. In soldoni: lo scopo sarebbe quello di assoggettarli e di vincolarli a pratiche più o meno occulte. Siamo in presenza di un’idea che spazia tra l’assurdo ed il banale. Assurda è quella che, attraverso tali cure, si vogliano inserire nel corpo delle persone dei microchip, oppure nano-congegni in grado di alterare la volontà del malcapitato ed assoggettarlo a chissà quali scopi. Scopi, si badi bene, che il potere, o chi lo esercita, persegue con subdola malvagità d’intenti. Banale, invece, è l’assunto che le cure debbano essere non soltanto assentite, attraverso il consenso informato come recita la legge, ma addirittura condivise, nel senso che devono essere accessibili alla comprensione del paziente di turno. Insomma, anche il più complesso dei problemi pare debba avere soluzioni tanto semplici da poter essere valutato oltre che accettato, sulla base di un fantomatico diritto che eleva la scienza a parte di un sistema di assenso democratico permanente. Un’idea certamente veicolata dalla continua pratica dell’uso dei social e dal falso convincimento che essere sempre on-line consenta a chiunque di acquisire una progressiva conoscenza in ogni campo dello scibile umano, compreso quello medico e scientifico. La costante immersione nel flusso delle informazioni che scorrono come un fiume in piena sulla rete, abiliterebbe, dunque, ciascuno ad essere all’altezza del poter appurare la verità, nel senso assoluto ed immutabile del termine. Questo soggetti – rete dipendenti – già scarsamente acculturati per le ben note insufficienze di una scuola ormai alla deriva, finiscono col vivere in una bolla virtuale (il web, appunto) che, come un setaccio, separa il vero dal falso automaticamente. Quale sia poi il discrimine di base che consente di realizzare questa infallibile selezione non è dato sapere, ancorché si possa presupporre che sia la quantità delle opinioni convergenti, non la qualità delle medesime, a fare da elemento predittivo. Come conseguenza abbiamo che in tanti diventano maldisposti per una pratica quotidiana che produce formazione mentale e culturale a vivere fuori dal “sistema” ovvero di una realtà fattuale, avveduta, erudita e verificata, non più percepita. La divaricazione è quindi netta ed incipiente tra quello che viene misurato dagli altri e quello che deriva da loro stessi. L’epistemologia, la scienza che ricerca la verità e la conoscenza, oltre ad essere estranea per cultura a questi soggetti, diventa addirittura un metro di menzogna laddove giunge a risultati che non collimano con quelli diffusi e condivisi su internet, che non ricevano, insomma, né “like” né condivisioni virali. Tuttavia questa astrazione metafisica non sovverte né modifica la verità misurata e valutata dai sistemi che sono utilizzati nella pratica reale. Per la scienza sappiamo che vigono insieme all’evidenza, varie prove di accertamento come quelle di fallibilità e di conferma. In pratica un esperimento deve poter essere confermato altrove nelle condizioni date, oppure risultare falsificato allorquando riesca lo stesso pur avendo cambiato (falsificato) uno o più parametri. E che dire di quelle scienze basate sul calcolo e sull’osservazione generale, la pratica dell’evidenza, come la matematica, la fisica, la chimica, la biologia, la medicina e la chirurgia, che pur vengono contestate secondo il metodo irrazionale del maggior consenso e delle concordi opinioni? Ci eravamo illusi che cancellando il nozionismo e la scuola dell’istruzione, quella per intenderci che valutava i meriti ed i saperi con esami rigorosi, docenti selezionati e vincitori di concorso, avremmo modernizzato l’apprendimento. Le sirene incantatrici della tecnica e delle macchine che soppiantavano questi metodi collaudati, bypassando valori umani ed antichi, ci hanno avvelenato anima e mente. Ecco lo scontro: le opinioni contro i fatti, la presunzione contro il sapere, gli incolti ed i frustrati, i disadattati sociali, che vogliono primeggiare contro quelli che per sapere hanno speso una vita di studi. Insomma: come ad un trivio popolato da comari e viandanti, si dovrebbe imporre la maldicenza, l’ignoranza e la voce del sentito dire.