NAPOLI – Due ventenni uccisi in meno di una settimana in regolamenti di conti. Vite bruciate in fretta. Tanto è bastato all’arcivescovo per implorare una inversione di rotta. Ieri Domenico Battaglia ha preso carta e penna per inviare una lettera-appello ai napoletani. Il titolo non è a caso: ‘Stanno uccidendo Napoli’. Frase ripetuta ad ogni passaggio-chiave. Un monito severo dopo la “scia di sangue che in questi giorni sta attraversando la città, procurando la morte a delle giovani vite e terrore e angoscia a interi quartieri, strade, famiglie. Tutto questo non può lasciarci indifferenti”. Mette in prima linea i giovani, vuole coinvolgerli. Ha le idee chiare. Propone un Patto educativo per Napoli. Non chiacchiere. E un secondo più tardi stila il cronoprogramma: una due giorni per guardarsi in faccia e capire verso quale futuro si vuole andare. Ha convocato per oggi “i diversi esponenti della società civile, del terzo settore e del mondo ecclesiale con cui sto lavorando a questa iniziativa che vuole rimettere al centro, partendo dai più piccoli e dalle loro famiglie, la questione educativa, puntando sulla prevenzione e scommettendo sulle nuove generazioni”. E domani l’arcivescovo sarà a Ponticelli, “in uno dei quartieri più feriti dall’escalation camorristica, insieme ad una rappresentanza dei giovani dell’arcidiocesi per incontrare i ragazzi e i giovani del decanato, in un momento di reciproco ascolto, confronto, condivisione”.
La città può ripartire da qui? Con gli incontri per il Patto educativo? “Continua, non si parte da qui – si affretta a dire al telefono – è una evoluzione, ora c’è bisogno di costanza”. Non ci gira intorno. Parla a viso aperto, come è solito fare. Senza mezze parole. “Serve l’impegno di tutti per avere risultati concreti”. Ma in che modo si possono coinvolgere tutti gli ‘interpreti’ di questa rivoluzione sociale? “Non a caso ho fissato due appuntamenti per le prossime ore. Ci incontriamo per un Patto educativo per Napoli. Per il bene della città e dei napoletani”. Il numero uno della Curia punta sul sociale. E cerca di allargare l’orizzonte. “Sotto la croce della nostra città dobbiamo più che mai quest’oggi, insieme e senza distinzione di fede, politica, ruolo sociale ed istituzionale, stare in piedi, evitando di sdraiarci supini in attesa che qualcosa cambi da sola e di sederci, rassegnati e assuefatti a veder morire Napoli”. Perché dice ‘stanno uccidendo Napoli?’. “La sta uccidendo la camorra e il malaffare, con la violenza e la crudeltà di coloro che hanno dimenticato di essere umani. La sta uccidendo l’indifferenza di coloro che si voltano dall’altra parte, credendo di poter stare tranquilli, non immischiandosi e non prendendo posizione. E la sta uccidendo la scarsa attenzione della politica, nazionale e locale, che pare essersi abituata al sangue versato in terra partenopea, considerandola alla stregua di un paese in guerra. Infine la sta uccidendo ciascuno di noi nella misura in cui fa finta di niente e dimentica che il presente e il futuro della nostra città dipende dall’impegno di tutti, dalla capacità che avremo di passare da un freddo individualismo ad un senso rinnovato e caloroso di comunità, dal desiderio fattivo di trasformare tanti piccoli ‘io’ impauriti e distratti nella forza di un grande ‘noi’”.
Nella lettera l’arcivescovo lancia un appello “agli uomini di camorra, ai corrotti e ai collusi con la criminalità dico: ritornate ad essere umani. Convertitevi. Il vostro Vescovo non si tirerà indietro nell’accogliere e accompagnare i passi della conversione e la rinascita umana di coloro che ascolteranno la propria coscienza e la parola del Vangelo, deponendo le armi, e intraprendendo percorsi di collaborazione con la giustizia”. E ancora: alle tante madri di Napoli, soprattutto a coloro che vivono in quartieri e situazioni familiari difficili dico: siate strumento di conversione per i vostri figli, aiutate le vostre famiglie a ravvedersi, siate nuovamente grembo che genera vita e non complici di percorsi di morte. A tutte le istituzioni, alla società civile, agli uomini e alle donne di buona volontà, alla mia Chiesa partenopea chiedo oggi più che mai di camminare insieme, superando l’individualismo e la diffidenza. Stanno uccidendo Napoli, e noi non possiamo stare a guardare dalla finestra.