MILANO – La Corte costituzionale boccia il calcolo degli indennizzi ai lavoratori licenziati ingiustamente come previsto dal Jobs act di Renzi. Ma questa decisione potrebbe far saltare anche la norma corrispondente prevista dal Decreto dignità dell’attuale governo. per la parte del Jobs act che riguarda il calcolo delle indennità che spettano ai lavoratori licenziati in maniera illegittima. Secondo la Corte, è “illegittimo” l’articolo “che determina in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato”.
La Corte costituzionale: stop ai due mesi di stipendio per ogni anno di servizio
Il Jobs act prevedeva che in caso di licenziamento illegittimo il datore di lavoro doveva pagare “un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio”. Questa cifra non poteva essere comunque “inferiore a quattro e superiore a ventiquattro mensilità”. Quest’ultimo parametro è stato cambiato dal Decreto dignità: ora l’indennizzo non può essere inferiore a 6 e superiore a 36 mesi. Tuttavia, il criterio dei due mesi per anno di anzianità è rimasto. Ed è proprio questo il punto ritenuto illegittimo dalla Corte.
Di Maio: “Si sta smantellando il Jobs act”. Ma il criterio è anche nel Decreto dignità
Secondo il ministro Luigi Di Maio, la Consulta ha iniziato “a smantellare il Jobs Act”, ma il criterio resta illegittimo anche nell’atto del nuovo Governo. Per la Corte, infatti, “la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione”.
Tornano le norme della Fornero
Ma quindi, come sarà riempito (salvo nuove leggi) il vuoto determinato dalla decisione dei giudici? Probabile che si tornerà ai parametri delle norme Fornero, che affidavano ai giudici la valutazione caso per caso. Non conterà solo la durata del rapporto lavorativo, ma anche la grandezza della società e i comportamenti di lavoratore e datore.