MILANO – L’Italia supera indenne l’atteso giudizio dell’agenzia di rating S&P. Da New York, come da attese, arriva una promozione, o meglio una conferma. Il rating dell’Italia resta ‘BBB’, con outlook stabile. Il giudizio è due gradini al di sopra del livello ‘junk’, ovvero spazzatura. Se l’Italia fosse stata collocata in questo scalino ci sarebbero state notevoli pressioni al rialzo sui tassi di interesse del debito italiano, che invece – complice anche il supporto della Bce – possono tirare un sospiro di sollievo.
Le prospettive
Le prospettive stabili, spiega S&P, “bilanciano il deterioramento delle finanze pubbliche italiane correlato alla pandemia”. L’agenzia stima un rimbalzo del Pil pari a +4,7% nel 2021, seguito da un incremento del 4,2% nel 2022. Una previsione che “riflette gli stimoli fiscali, i fondi per la ripresa dell’Ue e la ripresa dei consumi privati con l’accelerazione delle campagne vaccinali”, sottolinea l’agenzia di New York. A fine 2021 il rapporto tra debito e Pil dovrebbe invece attestarsi al 149%, dal 127% di fine 2019.
Una visione positiva, ma meno ottimista rispetto al Governo, riguarda invece l’andamento dei vaccini. “Prevediamo che l’80% della popolazione italiana sarà vaccinata entro la fine dell’autunno”, fattore che contribuirebbe “a una forte ripresa”, evidenzia S&P. Secondo i piani dell’Italia, invece, l’80% dei vaccinati sarà raggiunto entro settembre.
Le stime di S&P
Si è trattato comunque del primo appuntamento del Belpaese con gli analisti nella nuova era Draghi. S&P è stata la prima a esprimersi ma seguiranno Dbrs (30 aprile), Moody’s (7 maggio) e Fitch (4 giugno). Lo scorso novembre Moody’s aveva confermato il rating ‘Baa3’ con outlook ‘stabile’. A dicembre anche Fitch aveva confermato il rating dellÆItalia a ‘BBB-‘ con outlook stabile. Ma qualche mese dopo aveva avvertito che se il Belpaese non avesse utilizzato le risorse europee per la ripresa del Next Generation Eu per sostenere la crescita del Pil si sarebbe esercitata una “pressione al ribasso sul rating sovrano italiano”.
L’allerta resta alta
L’allerta resta comunque alta. Un abbassamento del rating da parte delle altre agenzie potrebbe convincere gli investitori a diminuire la quota di titoli pubblici italiani in portafoglio. Questo può avvenire in modo automatico, dal momento che fondi e società di gestione possono contenere clausole sul rating che determinano un’uscita immediata da alcuni asset. In pratica, a mercati aperti, potrebbe scatenarsi una rapida ‘fuga’ dai titoli di Stato nazionali.
Intanto i titoli di Stato italiani hanno superato una nuova prova di fiducia. La terza edizione del Btp Futura, il titolo di Stato dedicato come le precedenti emissioni al finanziamento delle misure per fronteggiare l’emergenza coronavirus, ha raccolto circa 5,47 miliardi di euro. Le prime due emissioni del Btp Futura si erano concluse con adesioni rispettivamente pari a 6,1 e 5,7 miliardi di euro. Il Mef sottolinea che il 97% degli ordini proviene da investitori domestici, proprio come auspicato per l’emissione.
(LaPresse/di Francesca Conti)