La banalità del male

Vincenzo D'Anna, ex parlamentare

Nessuno avrebbe mai immaginato che nella patria nostra, che fu la culla dei codici e del diritto romano, qualcuno potesse pensare di farla franca innanzi ad uno dei più abietti crimini dell’umanità, il genocidio. Non voglio utilizzare paradigmi irriverenti, nè tinte fosche richiamando alla mente la Storia della Shoah, l’olocausto di milioni di ebrei, condannati a morire di stenti oppure di camere a gas nei campi di sterminio nazisti. Sia ben chiaro, stavolta non ci sono aguzzini, non esistono piani preordinati di soppressione dei deboli, dei diversi, delle razze ritenute inferiori, ma si sono determinate cose eccezionali e tragiche per una moltitudine di cittadini. Hannah Arendt, la famosa scrittrice che nel 1961 seguì la cronaca del processo per crimini di guerra, che si tenne a Gerusalemme, nei confronti del criminale nazista Eichmann, catturato dal Mossad Israeliano in Argentina, descrisse quell’uomo come una persona dall’aspetto normale, quasi banale. Banali erano stati nell’aspetto i torturatori e gli aguzzini dei campi di sterminio, nella vita ante guerra, prima di bruciare nei forni vecchi, donne e bambini. Era, infatti, gente comune, quieta, che in tempo di pace lavorava espletando lavori ordinari ma che, pervasa dal clima ideologico ossessivo delle verità incontrovertibili del nazional socialismo, divenne essa stessa docile strumento del male. Credo che qualcosa di simile sia capitato, negli ultimi mesi, in Italia, che gente normale, in un momento tragico, abbia determinato nelle corsie degli ospedali e nelle sale di rianimazione, nelle residenze sanitarie per anziani, ove sono spirate migliaia di persone anziane, una vera ecatombe di decessi. Anche per mano di medici eroici, che hanno pagato con la vita, mal indirizzati ed ancora peggio organizzati.

Un eroismo dilapidato dall’ottusità, della pachidermia del potere politico e dall’inefficienza del Sistema Sanitario Nazionale, oltre che dei vertici delle Istituzioni sanitarie italiane. Sì, proprio così, quelle istituzioni che sono state permeate ai loro vertici da nomine di stampo politico, quindi incapaci di assumere teorie e scelte contro corrente. Insomma, scopriamo ogni giorno errori e superficialità, disorganizzazione e ritardi, un allineamento acritico tra istituzioni sanitarie, scienziati, Università, centri di ricerca e di sperimentazione. La stessa stampa ha concesso sospette patenti di credibilità scientifica a gente che, alla fine di febbraio, faceva passerella in televisione avvisando il popolo che nulla sarebbe successo, salvo poi ricomparire in televisione, con le stesse prerogative di infallibilità, ad asserire l’esatto contrario. Cosa dire poi degli attacchi e delle diffide, delle delegittimazioni, degli sberleffi che questi stessi titolari della verità scientifica a geometria variabile, si sono permessi di fare nei confronti di chi aveva visto prima e meglio di loro.

Un nome per tutti, Giulio Tarro. Solo dopo alcune migliaia di morti e di bollettini di guerra con cifre inutili, funeree, inesatte, si è cominciato a non incenerire le salme ed a praticare quella elementare prassi, in uso nei casi di morti sospette oppure senza diagnosi, che è l’autopsia, scoprendo di aver sbagliato tutto. Accorgersi che il virus autoctono che aveva pascolato in Lombardia per settimane, infettando tutto e tutti, non procurava morte per danni respiratori, che la gente moriva come le mosche perché ad ucciderla era una coagulazione intravasale diffusa, figlia dell’infiammazione cronica non curata. A chi e cosa servivano le rianimazioni ed i famosi autorespiratori se non a pompare inutilmente nei polmoni dei moribondi aria ove non arrivava più sangue? A cosa serviranno poi le centinaia di posti di rianimazione e di ospedali da campo, visto che ormai il morbo si cura in casa coi farmaci dell’influenza con aggiunta di eparina? Perché non ascoltare Silvio Brusaferro, presidente, di nomina leghista, dell’Istituto Superiore di Sanità, e Maria Rita Gismondo, che avevano isolato da tempo il nuovo corona virus, quello lombardo, confortando così le inascoltate ipotesi di Giulio Tarro sull’esistenza di una doppia epidemia con un virus autoctono, ovvero preesistente in Lombardia, alla epidemia proveniente dalla Cina? Quanta centinaia di migliaia di persone si sono infettate nel mese di Febbraio in Lombardia? Perché non verificare il grido di denuncia di medici e dei biologi sul rapporto tra inquinamento ed infezione virale? Quanta gente si sarebbe salvata da questo olocausto nato dalla faccia tosta di taluni uomini di scienza e dalla condizione senza nerbo e senza orientamento del governo nazionale? E che dire degli sceriffi che governano talune Regioni che mostrano muscoli e distintivo per farsi pubblicità a buon mercato ma senza alcun diverso discernimento.? Ecco i capi d’accusa di un processo che andrà comunque celebrato nelle aule parlamentari e forse anche in quelle giudiziarie. La banalità del male, la banalità di coloro che gestiscono il potere, hanno colpito ancora al cuore l’umanità.

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