NAPOLI – Il clan Bidognetti mantiene in vita l’alleanza con i Cimmino del Vomero: l’accordo mafioso fu sancito dal figlio di Francesco Bidognetti, Aniello. Fu Raffaele Bidognetti, fratello di Aniello, che nel corso degli interrogatori resi tra l’agosto 2018 ed il maggio 2019 relativi a due omicidi, che per una serie di pregressi screzi intercorsi lo portarono a decidere, insieme al fratello, di eliminare un rivale: “Sia perché sarebbe stato il primo sospettato, sia perché sarebbe stato più facile fare compiere l’omicidio a persone esterne al proprio clan, non conosciute a Casal di Principe, si rivolsero a Luigi Cimmino, esponente del clan camorristico attivo nel quartiere Vomero di Napoli, col quale il clan Bidognetti aveva già un accordo di prestito reciproco di killer all’occorrenza”. Il rapporto con la cosca vomerese dei Cimmino era stato coltivato da Aniello Bidognetti. Fu proprio lui a pensare che bisognasse agire contro un avversario mafioso attraverso persone esterne alla famiglia e fu lui a rivolgersi a Cimmino chiedendo ed ottenendo aiuto senza esitazione. Il retroscena è contenuto nelle motivazioni della sentenza contro Aniello Bidognetti che la Cassazione ha depositato lo scorso 17 febbraio. Il processo che ha portato il 30 gennaio scorso alla conferma della condanna per Aniello Bidognetti a 30 anni di carcere è quello per il duplice omicidio del 25 ottobre 1997 ai danni di Nicola Baldascini e Antonio Pompa. Nel corso del suo esame dibattimentale nel parallelo processo celebrato a carico di Giuseppe Setola, Raffaele Bidognetti precisava che “alla decisione di uccidere Baldascini Nicola avevano partecipato senza dubbio, oltre a lui e a suo fratello Aniello, Setola Giuseppe e Giuseppe Dell’Aversano, che ricoprivano ruoli apicali nell’organizzazione in quel periodo e si erano riuniti più volte a casa dello stesso Setola e a casa sua per decidere come eliminare Baldascini. “Alle riunioni aveva partecipato anche suo
fratello Aniello, Giuseppe Dell’Aversano, Mario Cavaliere. Suo fratello Aniello curava i rapporti con il clan Cimmino del Vomero” aggiunse Raffaele Bidognetti. “La scelta di sfruttare manovalanza esterna al territorio per fare eseguire gli omicidi, l’aver preventivamente procurato i killer nell’ambito di un clan amico, sono elementi inequivocabilmente indicativi della premeditazione dell’intera operazione già preparata” scrissero i giudici della sentenza. Il duplice omicidio fu ritenuto necessario dai Bidognetti per “eliminare soggetti infedeli che avrebbero potuto compromettere il prestigio e la supremazia del sodalizio criminoso di appartenenza, andando a potenziare il gruppo antagonista capeggiato da Salvatore Cantiello” aggiunsero.
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