CITTA’ DEL VATICANO – Nessuna democrazia dove c’è fame, nessuno sviluppo nella povertà, nessuna giustizia tra le disuguaglianze. Papa Francesco chiude il vertice dei giudici panamericani e presenta un documento sulla tutela dei diritti sociali.
Il messaggio di papa Francesco
Pronuncia un lungo discorso in spagnolo per spiegare che un sistema politico-economico, per un suo sano sviluppo, “deve garantire che la democrazia non sia solo nominale. Ma che si rifletta anche in azioni concrete che garantiscono la dignità di tutti gli abitanti segua la logica del bene comune”.
In questo tempo di crisi (“di pericoli e opportunità”), osserva Bergoglio, si verifica un paradosso. “Da un lato, un fenomenale sviluppo normativo, dall’altro un deterioramento dell’effettivo godimento dei diritti sanciti a livello globale. Ci tocca vivere una tappa storica di cambiamenti in è in gioco l’anima dei nostri popoli”.
L’ingiustizia sociale genera tensioni
Il problema dell’ingiustizia sociale è che porta a tensioni, che degenerano in conflitti. Quindi il Papa argentino chiede azioni condivise e coraggiose per coinvolgere tutti: “L’ingiustizia e la mancanza di opportunità tangibili e concrete dietro tanta analisi incapace di mettersi ai piedi degli altri – e non sto dicendo scarpe, perché in molti casi quelle persone non le hanno – è anche un modo per generare violenza: silenziosa, ma pur sempre violenza”.
Francesco è preoccupato per le voci che si levano, “soprattutto da parte di alcuni ‘dottrinaristi’, che cercano di spiegare che i diritti sociali sono vecchi, sono passati di moda. E non hanno nulla a che fare con le nostre società”. Così facendo, però, inducono il popolo ad accettare passivamente politiche economiche che giustificano disuguaglianze e calpestano la dignità.
I problemi delle città moderne
Basta pensare alle nostre città moderne, tanto “orgogliose della loro rivoluzione tecnologica e digitale, tanto ricche di “innumerevoli piaceri e benessere per una minoranza felice”. Accanto a questa elite, vivono migliaia di nostri “vicini e fratelli”, bambini compresi, a cui ogni giorno neghiamo un tetto sulla testa e che “elegantemente” chiamiamo “gente di strada”: “È curioso come nel mondo delle ingiustizie abbondano gli eufemismi”.
(LaPresse/di Maria Elena Ribezzo)