NAPOLI – Massimiliano Esposito junior avrebbe fatto una diretta social dal carcere con tanto di like e commenti (nel riquadro a destra). E scoppia la polemica. I controlli? Come entrano i telefonini in cella? Andiamo con ordine.
Il video gira in internet. Si vede il ventenne fare una videochiamata: una diretta con diversi utenti, che rispondono e lo salutano in tempo reale. “Eh Alfò, dopo ti chiamo”, dice in un passaggio. In un altro: “Non hai capito, mi hanno spostato e ora sono in un altro padiglione, perché hanno trovato il telefono”. E ancora: “Tutto a posto vita mia, e a te come va?”. Insomma una conversazione a tratti normale, per salutare chi è fuori dal penitenziario. Alle spalle si vedono le grate alle finestre e i compagni che vi stendono su la biancheria. Però è vietato avere un cellulare in cella.
E’ il figlio di Massimiliano Esposito, detto lo scognato, considerato dagli inquirenti un boss a Bagnoli. Il ventenne è detenuto nel carcere di Poggioreale da aprile. Trasferito dal padiglione Firenze a Napoli. Difeso dall’avvocato Rocco Maria Spina, che non ha avuto avvisi. Non ci sono sequestri. E non ci sono allo stato notizie di reato. Resta il video pubblicato sulle piattaforme social.
Ad aprile il 20enne fu fermato dopo un inseguimento con la polizia a bordo di un’auto rubata. La Mercedes era risultata rubata. Bloccato da una pattuglia dei Falchi della squadra mobile della questura alla fine di viale Kennedy, dopo aver tentato la fuga a piedi. Poi era stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione per resistenza a un pubblico ufficiale, ricettazione, lesioni e porto di oggetti atti ad offendere (in macchina aveva una mazza da baseball).
Ora spunta il video social, dal quale avrebbe comunicato dal carcere di Poggioreale. La vicenda è stata segnalata al direttore del carcere e alla polizia penitenziaria. Torna la questione dei cellulari in cella. I controlli? Diverse persone hanno segnalato una diretta Instagram dal carcere di Esposito junior al deputato al deputato dell’alleanza Verdi-Sinistra Francesco Emilio Borrelli.
Fatterello (Sappe): “Pochi mezzi per intercettare i cellulari
“L’accesso dei cellulari in carcere è un problema segnalato più volte”. Ed Emilio Fattorello lo ha detto e ridetto. Perché non si risolve? “I telefoni entrano in diversi modi – racconta al telefono il segretario regionale del sindacato della Penitenziaria Sappe – con i colloqui, con i pacchi dei familiari, ma abbiamo anche persone che lavorano in carcere, sorprese a portare droga, o microcellulari. E’ successo ad Avellino e a Santa Maria Capua Vetere. Non solo. Qui nei penitenziari entrano camion con centinaia di confezioni. I cellulari possono essere nascosti con facilità. Senza parlare dei droni. Mancano metal detector per i controlli”. Mi sembra li abbiate. “Sì, ma sono quelli a mano, vecchi e spesso malfunzionanti. Servono i macchinari scanner come in aeroporto”. Risultato? “Se nascosti bene, non riusciamo a trovarli. E quando entrano in carcere, tutti pensano che la colpa sia della Penitenziaria”.
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