CASAL DI PRINCIPE – Francesco Schiavone Cicciariello resta al 41 bis. Il Tribunale di sorveglianza di Roma aveva respinto lo scorso aprile il reclamo, presentato dalla difesa del boss, teso ad annullare la proroga al carcere duro, regime a cui è sottoposto dal 16 luglio 2004. I giudici giustificarono la loro decisione evidenziando la perdurante pericolosità sociale del detenuto (che ha vincoli di parentela con il capoclan Francesco Sandokan Schiavone, e con Elio Diana, storico affiliato), tracciata nelle relazioni della Procura Nazionale Antimafia, della Dda di Napoli, del Viminale e del Comando generale dell’Arma dei carabinieri. La dissociazione di Schiavone dal clan dei Casalesi, avvenuta nel 2015, e il suo aver confessato diversi reati, per i togati non bastano a consentirgli una detenzione meno afflittiva. A pesare sulla scelta che prese il Tribunale anche la sua partecipazione a gravi crimini, come il duplice omicidio di Raffaele Diana e Nicola Martino, per i quali era stato recentemente condannato.
L’avvocato del boss, Pasquale Diana, ha proposto ricorso per Cassazione per ottenere l’annullamento di quanto deciso dalla Sorveglianza, sostenendo che la dissociazione di Schiavone avrebbe dovuto comportare una revisione del regime detentivo. Tuttavia, la prima sezione della Suprema corte, presieduta dal giudice Monica Boni, ha respinto il ricorso, confermando la motivazione del Tribunale di sorveglianza.
La sentenza scritta dagli ‘Ermellini’ sottolinea che la dissociazione di Schiavone non equivale alla collaborazione, e pertanto, non è sufficiente a determinare il completo allontanamento dalle logiche criminali del clan dei Casalesi. La Corte ha anche respinto le censure basate su presunte violazioni della Costituzione e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La decisione della Cassazione è stata presa lo scorso 13 dicembre, le motivazioni sono state rese note la scorsa settimana.
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