Una delle espressioni diminutive rivolte a chi si occupa di politica, soprattutto nel Mezzogiorno, è l’appellativo di “filosofo”, ovvero di persona dedita a discorsi forbiti ma incongruenti all’atto pratico. Un’espressione usata generalmente anche in senso ironico, per sottolineare che difficilmente un eloquio culturalmente valido ed elegante, può poi tradursi in azioni che creino opportunità concrete, soprattutto per i clienti-elettori di turno. Eppure senza la “filosofia” non esisterebbero la democrazia né la reale e corretta libertà di scelta che l’accompagna e, di converso, la politica stessa, intesa come capacità di governo di una società pluralista ed aperta a tutte le opinioni e necessità.
La libertà è una conquista di tutti i giorni così come la democrazia intesa come libertà di scegliere chi debba governarci, eppure è ritenuta un fatto acquisito ed anche marginale dalla maggior parte delle persone, in tutt’altre faccende affaccendate nella quotidiana lotta per l’esistenza. Mai come oggi il valore che la gente assegna alla democrazia è sembrato tanto basso e, di converso, tanto sbrigativa appare l’idea di come applicarla perché il popolo possa poi esercitare il proprio diritto di scelta. Viviamo il tempo politico in cui l’ignoranza è motivo di vanto, l’inesperienza motivo di garanzia morale, le istituzioni un’inutile e costosa sovrastruttura che alimenta i privilegi di una casta di predestinati.
Per capire quanto queste diffuse opinioni siano sbagliate basterebbe rammentare ai più che ciò che distingue l’essere umano dalle specie animali è la sua capacità di decidere e realizzare azioni in grado di modificare la propria vita e quella del genere a cui esso appartiene. La predisposizione a scegliere azioni diverse si chiama, appunto, “libertà”. Di conseguenza si può ben comprendere come libertà e democrazia siano intimamente connesse alla nostra capacità di evolverci e di emanciparci verso sistemi sociali culturali in grado di migliorare la civile convivenza. L’unica differenza che passa tra la filosofia e la politica consiste nel fatto che la filosofia si rivolge all’archetipo dell’uomo (uguale nei gusti, nei desideri e nelle azioni) mentre la politica è chiamata a conciliare la diversità di cui l’umanità si compone. Al filosofo basta una massima rivolta agli uomini immaginati eguali; al politico no dovendo egli governare la loro diversità e le loro esigenze. Quindi la politica ha bisogno di uno strumento per decidere come agire per governare al meglio la pluralità sociale. Questo strumento si chiama democrazia.
È di queste ore lo scandalo della piattaforma Rousseau utilizzata dal M5S per chiamare la gente a decidere per via informatica. Per anni abbiamo ascoltato teorie campate in aria sulla sostituzione della democrazia parlamentare con la democrazia assembleare, una sorte di rimedio alla corruttela ed alle disfunzioni della vecchia politica politicante, foriera di una casta di parassiti ed incapaci. Ebbene, chi ha propagandato la democrazia assembleare come panacea di tutti i mali ha creato illusioni e disorientato i cittadini, promettendo loro cose che sono impossibili da realizzare. Oggi scopriamo che il voto telematico dei pentastellati non solo non è verificabile, ma è addirittura controllabile e manipolabile. Lo stesso dicasi per quella strana liturgia politica denominata “primarie” mediante la quale, seppure in assenza di una base certa che identifichi coloro che hanno diritto al voto, si pretende di selezionare la classe dirigente di un partito. Scorciatoie della democrazia elettorale pensata ed attuata costituzionalmente, che invece garantisce tutte le condizioni di verifica e di controllo delle operazioni di voto nonché una generale possibilità di poter concorrere correttamente nelle scelte. Per dirla con il filosofo Popper si tratta di poter realizzare e favorire il cambio della guida politica della Nazione e dell’esercizio del potere senza spargimento di sangue.
Recuperare credibilità politica attraverso il corretto uso della democrazia parlamentare, rispettando il dettato costituzionale che siano i partiti politici a fare da tramite tra istituzioni e società, non sarà facile. Occorre una riforma dei partiti come enti di diritto pubblico la cui democrazia interna e gli obblighi statutari siamo controllati da una authority indipendente. Nel frattempo basterà mettere a nudo le furbizie della finta democrazia.