La grande truffa

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse in foto Nicola Zingaretti

Si può avere l’opinione che si vuole sulla caotica situazione nella quale si sono cacciati i tre partiti più votati dagli italiani nelle ultime elezioni politiche. I colpi di scena e le solenni dichiarazioni dei loro leader – puntualmente ribaltate appena dopo poche ore – hanno confermato platealmente la sensazione che, in questo momento, in Italia, il caos è al massimo e la credibilità e la coerenza politica sono al minimo. Abbiamo già più volte ribadito che, qualunque siano le opinioni sulla formula di governo più gradita, si sono dovuti e si dovranno mettere insieme voti che quei partiti hanno ottenuto su basi reciprocamente alternative. Si tratta di dover distillare, negli alambicchi degli apprendisti stregoni protagonisti dell’odierna fase politica, un prodotto neutro ed edulcorato rispetto alla natura originaria della materia prima utilizzata, così da affrontare argomenti che non creino contrasti tra Pd e M5S e tra i programmi che questi due partiti ebbero a presentare ai loro elettori. Più facile a dirsi che a farsi. Insomma il governo nasce già mezzo morto e non potrà mai affrontare i nodi veri dell’economia dello Stato e delle riforme di sistema che da anni si annunciano ma poi non si fanno mai. Ma questo pur essendo un grave ed oggettivo limite per la futura azione di governo, così come lo fu per il passato esecutivo gialloverde, non è il principale dei problemi che porta con sé il nuovo patto tra Partito democratico e Cinque Stelle. Il vero problema, infatti, è quello della salvaguardia della democrazia parlamentare intesa come prassi per la formazione del governo a seguito delle determinazioni della maggioranza parlamentare che poi lo dovrà sostenere. Un vulnus che coinvolge anche ilruolo e la funzione costituzionale assegnata al Capo dello Stato, chiamato ad approvare le proposte dei partiti politici e verificare l’esistenza della fiducia nelle due Camere. Tutto questo viene messo in ombra ed in discussione dalla truffa che ancora una volta la premiata ditta Grillo & Casaleggio mette in scena. Si tratta della paventata verifica sulla cosiddetta “Piattaforma Rousseau”, dell’approvazione, da parte dei militanti grillini, dell’ipotesi di governo con il Pd. Insomma: una manciata di soggetti collegati ad un computer dovrebbe decidere se quello che è stato dato per certo e suggerito dalla loro rappresentanza parlamentare, sia anche fattibile e veritiero. Ne consegue che tutte le consultazioni fatte dal Presidente della Repubblica, tutta la prassi costituzionale, viene assoggettata ad un farlocco esperimento di truffaldina democrazia assembleare. In parole povere: la democrazia parlamentare si fa subordinata alla preventiva verifica della democrazia assembleare della Casaleggio & C. Un fatto mai verificatosi nella storia repubblicana, che se fosse stato praticato per varare un governo di centrodestra avrebbe scatenato alte grida di eversione costituzionale. C’è da chiedersi allora: ma quei soggetti che sono andati al Quirinale e lo stesso Conte chi rappresentavano se occorreva aspettare gli esiti di un voto sul web? Ma non basta! Lo strumento della consultazione elettronica sulla piattaforma Rousseau, viene utilizzato per chiudere i conti interni al M5S tra Grillo, Conte e Di Maio. L’ex comico irride, infatti, i punti del programma proposti da Giggino al premier incaricato, dando per scontato che Di Maio non possa essere più vice primo ministro. Un ragionamento che nasce dalla semplice evidenza che Conte sia il primo Ministro del M5S e che, di conseguenza, non possa avere anche un vice del suo stesso partito. Questo significherebbe che Conte è il nuovo leader dei pentastellati e che gode della fiducia di Grillo e Casaleggio al posto di Di Maio. Non è un caso che tanto Conte che Di Maio lancino appelli ai militanti tramite le TV per orientare l’esito delle votazioni su Rosseau. Insomma un lotta tra galli che litigano nel cortile delle istituzioni. In altri termini: si tenta di spacciare Giuseppe Conte per un super partes tra M5S e Pd, per dare a Di Maio la carica di vice primo ministro. Questo e altro non è che una truffa ed il Pd vi assiste come un muto astante.

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