NAPOLI – Il 5 novembre 2001 l’Assemblea Generale dell’Onu ha dichiarato il 6 novembre di ogni anno come Giornata internazionale delle Nazioni Unite per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e conflitto armato. La giornata vuole sensibilizzare la società sugli effetti dannosi prodotti dalla guerra e dai conflitti armati sull’ambiente. Vittime della guerra sono infatti i soldati e i civili, ma anche le risorse naturali e gli ecosistemi. Gli effetti dei conflitti sull’ambiente vengono troppo spesso trascurati, anche se nel lungo periodo possono rivelarsi molto più dannosi dei colpi di arma da fuoco. L’umanità ha sempre contato le sue vittime di guerra in termini di soldati e civili morti e feriti, città distrutte e mezzi di sussistenza, mentre l’ambiente è spesso rimasto la vittima non pubblicizzata della guerra. Ma i pozzi d’acqua vengono inquinati, i raccolti incendiati, le foreste abbattute, i terreni avvelenati e gli animali uccisi per ottenere un vantaggio militare. Negli anni, in tutti gli angoli della Terra, si è assistito a un vero e proprio eccidio ambientale. Dal gas nervino alla bomba atomica, dalle armi chimiche alle esplosioni: i danni per la Terra sono sotto gli occhi di tutti, eppure la consapevolezza è ancora molto scarsa su questo tema.
LE AGENZIE ONU
Le Nazioni Unite coordinano sei agenzie e dipartimenti per aiutare i Paesi a identificare e prevenire i fattori che portano alla distruzione delle risorse naturali in situazioni di guerra, promuovendo azioni di costruzione della pace: il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp), il Programma delle Nazioni Unite per gli Insediamenti Umani (Unhabitat), l’Ufficio per il Supporto al Consolidamento della Pace (Pbso), il Dipartimento degli Affari Politici (Dpa) e il Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali (Desa).
IL PROGRAMMA UNEP
L’ambiente è minacciato dai conflitti, ma spesso ne è anche la causa. Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) ha rilevato che negli ultimi 60 anni almeno il 40% di tutti i conflitti interni è stato collegato allo sfruttamento delle risorse naturali, siano esse risorse di alto valore come legname, diamanti, oro e petrolio o risorse scarse come terra fertile e acqua. E’ stato anche riscontrato che i conflitti che coinvolgono le risorse naturali hanno il doppio delle probabilità di ricadute. Per questa ragione il 27 maggio 2016 l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente ha adottato una risoluzione che ha riconosciuto il ruolo di ecosistemi sani e risorse gestite in modo sostenibile nella riduzione del rischio di conflitti armati, e ha riaffermato il suo forte impegno per la piena attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile elencati nella risoluzione dell’Assemblea Generale, dal titolo “Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”.
LA LEZIONE DI HIROSHIMA
Inger Andersen, direttrice esecutiva del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), in un discorso tenuto in occasione dei 77 anni dagli attentati di Hiroshima e Nagasaki ha parlato del legame indissolubile tra ambiente e conflitti armati. “L’ambiente è una vittima del conflitto. Sempre. E quando l’ambiente soffre, le persone soffrono. Ne abbiamo assistito al tragico impatto nel 1945 dopo gli attentati di Hiroshima e Nagasaki. Da allora, la scienza ha illustrato inequivocabilmente gli enormi impatti sulla salute umana e sull’ambiente. Morte. Distruzione di proprietà e mezzi di sussistenza. Esposizione alle radiazioni. Tumori fatali. DNA alterato nei geni di piante e animali che sconvolge la rete della vita, cioè la natura da cui tutti dipendiamo. Questa enorme tragedia è stata aggravata dalla deplorevole realtà: che non abbiamo ancora imparato la lezione. Quasi 13.000 armi nucleari sono detenute. Le scorte sono in fase di aggiornamento. E in quasi tutte le crisi geopolitiche che affrontiamo oggi nel mondo, la minaccia di un potenziale annientamento nucleare è un tema comune”, recita uno stralcio del discorso.
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