Venti anni fa, il 22 marzo del 2000, anno del Giubileo, a Betlemme arrivò Papa Giovanni Paolo II. La sua visita riaccese la speranza della popolazione ferita dalla prima Intifada. Come ogni pellegrino andò alla Grotta della Natività, rimase a lungo, molto a lungo inginocchiato a pregare. Organizzammo la S. Messa nella Piazza della Mangiatoia, e non dimenticherò le sue parole dell’omelia: “Oggi, ci volgiamo verso un momento di duemila anni fa, ma con lo spirito abbracciamo tutti i tempi. Siamo riuniti in un solo luogo, ma includiamo il mondo intero. Celebriamo un fanciullo appena nato, ma ci stringiamo a tutti gli uomini e a tutte le donne di ciascun luogo.
Oggi, proclamiamo con forza in ogni luogo e a ogni persona: che la pace sia con voi. Non temete niente”. Queste parole mi tornano in mente soprattutto oggi, 22 marzo 2020, perchè la città vecchia è chiusa. Completamente chiusa non si può entrare da nessuna porta, né dalla porta Nuova, né dalla porta di Damasco, né dalla porta di Jaffa, né dalla porta di Santo Stefano, né dalla porta dei Maghrebin, che si trovano tutte intorno alla città, nelle antiche mura di Solimano il Magnifico. Da diversi giorni sono state chiuse anche tutte le moschee, impedendo il culto ai musulmani, l’accesso al muro del pianto, luogo di preghiera per gli ebrei, e anche le chiese.
Lungo le strette strade, vicine al nostro Convento di San Salvatore e a Casa Nova, nel cuore della città vecchia, nel quartiere cristiano, si respira un’atmosfera surreale, che non ricordo dai tempi del coprifuoco durante l’ultima intifada. Da diversi giorni sono state chiuse tutte le scuole, molti alberghi, ristoranti. E’ silenziosamente che la nuova pandemia di questo millennio, è entrata nel mondo, il Covid-19 o Coronavirus, un’invasione, peggiore del ricordo delle sette piaghe d’Egitto raccontate nell’Esodo, che sta colpendo tutta l’umanità, senza fermarsi, ma che sta unendo globalmente tutti in un’unica battaglia: salvare più vite possibili, di fronte a un nemico invisibile. Anche Betlemme, è stata chiusa nei primi giorni di marzo, sono stati chiusi tutti gli alberghi, ristoranti, tutte le attività, e la stessa città è divisa in tre settori, la zona centrale di Betlemme, separata da Beit Sahour, dove si trova il campo dei pastori, e da Beit Jalla. Nessuno può uscire dalle proprie zone e nessuno può entrare e uscire da Betlemme. Questa situazione ha fatto nascere una collaborazione tra palestinesi e israeliani, per l’emergenza sanitaria, speriamo che sia un primo passo verso la pace.
Fr. Ibrahim Faltas ofm