La partita di pallone

Enrico Parolisi

Questa volta voglio raccontarvi un aneddoto, di poco conto a dire il vero, che riguarda la mia vita professionale. Ma che ha molto a che vedere con quanto accade oggi. Erano i tempi del primo mandato di Luigi de Magistris se non erro, e l’allora sindaco era atteso a una conferenza di non ricordo che natura ospitata nelle sale di uno dei prestigiosi alberghi del lungomare di Napoli. Orbene, io ero un videomaker con penso non più di una decina d’anni d’esperienza in meno di oggi ed ero con la mia videocamera tra i soliti colleghi dell’emittenza locale, molti dei quali ancora inconsapevoli del tracollo che di lì a pochi anni li avrebbe coinvolti. All’arrivo del primo cittadino, come consueto in queste occasioni, dopo la domanda di rito sull’evento in sé si è passati alle domande su altri argomenti. Un’occasione utile, insomma, per rivolgere al sindaco di Napoli alcune domande su argomenti di attualità. È una pratica diffusa, spieghiamo ai non addetti ai lavori, quella dell’“a margine”. Io ero ancora giovane e non certo di belle speranze quando, trovandomi vis-a-vis con il primo cittadino ho ritenuto utile porre delle domande su alcune questioni spinose relative alla mia città: viabilità, tenuta della maggioranza, raccolta rifiuti e non ricordo che altro. Il sindaco se ne fuggì prima che tutti gli altri potessero porre la domanda. L’unica domanda. L’unica nota appuntata sui loro taccuini. L’unico argomento di cui avrebbero saputo parlare ad occhi chiusi. E non riguardava certo il funzionamento della macchina pubblica o il buon governo di questo territorio che va da Pianura a San Giovanni a Teduccio. No. L’unico argomento di interesse secondo i miei colleghi erano i lavori allo Stadio San Paolo. Mi prese da parte il collega di un’emittente locale particolarmente attento alle dinamiche sociosportive che riusciva a infilare sempre il microfono nel naso dell’intervistato per dirmi che ero giovane e incapace e anche un’altra collega iniziò a borbottare. Il malcontento era tale che il sindaco tornò appositamente per rispondere sullo stadio che era argomento che voleva evitare quella mattina per non ricordo quale motivo. Ma di quel giorno mi restò impressa una incontrovertibile verità: in questa città possono pure rubarci il futuro in un presente già compromesso da un passato che sembra una cartolina, ma l’unica cosa che riusciamo a comprendere davvero, in tutta la sua pienezza, è il pallone. Muove le terga dei giornalisti, crea opinione su temi faceti, si finge trattato di sociologia e permette di litigare in curva. Il resto – e non da oggi – è contorno andato a male nella solita città in cui non funziona niente ma dove nessuno sa cosa dovrebbe funzionare, e le priorità che ci diamo si vedono anche rispetto agli interessi di chi dovrebbe in qualche modo animare l’opinione pubblica.

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