Un tempo l’elettorato fingeva di interessarsi dei programmi. Sventolato come un fazzoletto quando c’è bisogno di farsi notare, il programma elettorale di tale partito e/o candidato era quel documento che in qualche modo portava il sostenitore a perorare tesi legate ai contenuti, alle “promesse” di intervento post-elettorali, alla “proposta” che in qualche modo l’acquirente acquistava alle urne.
Il contenuto, appunto, che è mancato in questa tornata elettorale in Calabria ed Emilia Romagna e che mancherà con ogni probabilità alle prossime suppletive al Senato.
È un vero peccato, perché ci sono argomenti che dovrebbero in qualche modo interessare i cittadini e formare l’opinione pubblica. Argomenti che soffocano tra tour elettorali e citofonate di dubbia moralità a non comprovati spacciatori tunisini da parte di quello che una manciata di settimane fa era il Ministro dell’Interno, e che diventano l’arringa conclusiva del comizio finale pre-elettorale del governatore Bonaccini che invita i cittadini a votarlo “per non consegnare l’Emilia a quello lì”.
Lontani i tempi in cui per battere Berlusconi i candidati della coalizione di centrosinistra non lo nominavano nemmeno – anche e soprattutto per non perdere sul suo campo.
Chi parla di una sconfitta di Salvini sottovaluta quanto Salvini sia centrale invece nelle scelte dell’elettorato. Quanto ancora una volta dall’urna non sembra sia venuto fuori un voto di merito ma un voto pro o contro il leader del Carroccio. Quanto Salvini si stia collocando come unico partito d’opposizione e non per dove si accomoda in Parlamento, ma perché unico in cui si può riconoscere l’elettore tartassato, deluso, arrabbiato, vittima del sistema Italia in tutte le sue malate mancanze e odiosi privilegi. Non la Lega, si badi bene, ma il solo Salvini con la Bestia alle spalle che detta la sua comunicazione. La Bestia ad personam e non ad partitum, come dimostra la clamorosa gaffe della candidata del centrodestra in Emilia Romagna che piange Kobe Bryant con l’hashtag #il26gennaiovotalega.
Il Partito e il contenuto, in questa tornata elettorale, sono completamente marginali. I veri grandi assenti. Contano i nomi e le logiche di alleanze che Game of Thrones scansati proprio. Emblematico il caso Ruotolo a Napoli: il nome su cui converge la Sinistra per portare le sue istanze in Senato (e sempre per arginare la deriva fascioleghista che manco fosse al Governo, davvero) fa storcere il naso a una combriccola di autodefinitisi “intellettuali” che chiedono al Pd di non appoggiare il candidato indicato da DemA.
“L’intelligencia” rediviva e autoproclamata, abbandonate le torri d’avorio, si palesa sotto il documento scritto e pensato da due nomi davvero importanti della cultura partenopea quali Paolo Macry e Biagio de Giovanni. Si compone di un’accozzaglia mista in cui compaiono ex assessori silurati, attivisti della prima e dell’ultima ora, esponenti del centrodestra che stigmatizzano i comportamenti del partito opposto e altri personaggi che manifestano una dubbia padronanza finanche della lingua italiana.
In questo teatrino di soliti noti, capaci di rendere simpatico e amabile anche Sandro Ruotolo, quella che manca è una posizione di merito. Si chiede, nel documento degli “intellettuali”, di non appoggiare un candidato che sarebbe diretta espressione di un sindaco contestato, ma di cosa Ruotolo dovrebbe andare a fare al Senato a nessuno sembra interessare granché.
Ok che la politica è fatta da persone, ma le persone poi dovrebbero fare cose. E sono proprio le cose le grandi assenti in questo momento storico. E gli elettori sembrano non accusarne la mancanza.
di Enrico Parolisi
Esperto di comunicazione digitale