«Non abbiate paura!». Tutti ricorderanno quest’esortazione che San Giovanni Paolo II pronunciò il 22 ottobre 1978, giorno d’inizio del suo pontificato. Sono parole che dobbiamo ripetere più che mai oggi, nel tempo in cui il pericolo di un virus terribile e misterioso incombe sull’amata Italia, sull’Europa, sul mondo. Noi stessi, i nostri familiari e amici vivono nell’angoscia di una malattia che incute terrore. Com’è difficile, in un contesto del genere, ripetere: non abbiate paura! Ricordiamo però quello è scritto nel capitolo 28 del Vangelo secondo Matteo. Gesù è stato sepolto. Maria di Màgdala e l’altra Maria si recano a visitare la tomba di Cristo e sentono che la terra si scuote.
«Un angelo del Signore – racconta l’evangelista – sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L’angelo disse alle donne: “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto”».
Ecco la ragione del nostro coraggio. Gesù è risorto, la luce ha vinto le tenebre più cupe, la Risurrezione ha preso il posto della paura e dell’angoscia. Viviamo i giorni del lutto. Quant’è dolorosa l’immagine dei feretri che ormai le chiese di Bergamo non riescono più a contenere. Quanto è doloroso sapere di migliaia di ammalati e di vittime in tutta Italia, anche nella nostra Campania, anche a Pompei. Quanto è doloroso sapere di persone che muoiono inevitabilmente da sole, senza il conforto dei loro cari. Noi crediamo però nel Dio della vita. Sempre, anche ora. Sapete che la Basilica della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei è aperta solo per la preghiera personale e che anche le Messe sono celebrate senza la partecipazione dei fedeli. È una misura inevitabile perché, in questo momento, il Signore ci chiede di prenderci cura dei nostri fratelli tutelandone la salute e custodendone la vita. È anche per questo che dobbiamo rimanere a casa, attenendoci a tutte le disposizioni del Governo.
Essere buoni cittadini è, più che mai oggi, una condizione ineludibile per essere ugualmente buoni cristiani. Come ha detto Papa Francesco in una recente intervista, non sprechiamo questi giorni, ritrovando «i piccoli gesti concreti di vicinanza e concretezza verso le persone che sono a noi più vicine, una carezza ai nostri nonni, un bacio ai nostri bambini, alle persone che amiamo». Bartolo Longo ha voluto l’edificazione del Santuario perché accogliesse i fedeli di tutto il mondo, perché da ogni nazione venissero i devoti per pregare, uno accanto all’altro, da fratelli, al trono della Madonna. Viviamo tutti con sofferenza la sospensione delle celebrazioni pubbliche e dei sacramenti così com’è doloroso vedere vuote le navate del Santuario. Le nuove tecnologie ci hanno però aiutato. Ogni giorno, sulla pagina Facebook del Santuario, trasmettiamo la Messa delle 10, la recita della Supplica delle 12 e del Santo Rosario delle 17.
Certo, siamo consapevoli che, come ha spiegato monsignor Mario Enrico Delpini, Arcivescovo di Milano, seguire la celebrazione dell’Eucarestia attraverso un monitor è come nutrirsi con la fotografia del pane, ma quando – speriamo presto – torneremo alla Messa domenicale lo faremo con uno spirito diverso perché avremo compreso la grandezza di quello che ci è mancato. La preghiera deve diventare il nostro conforto e l’espressione della nostra speranza, perché l’emergenza si concluda presto e si ponga fine alle sofferenze di chi è stato colpito, mentre rivolgiamo un pensiero di suffragio alle tante vittime che il coronavirus ha già fatto. La preghiera diventa anche gratitudine per i medici, gli operatori sanitari e i volontari che lavorano senza sosta per fronteggiare l’epidemia. E la preghiera si allarga, inoltre, ai disagi di un intero Paese, che si trova ad affrontare una crisi economica di grandi proporzioni, tale da minacciare il futuro di molte famiglie. Gesù lo ripete ad ognuno di noi: non abbiate paura! La fede salda in Dio ci dia speranza certa. Torneremo tutti a pregare insieme, in Santuario. Da fratelli.
di Tommaso Caputo, arcivescovo prelato di Pompei e delegato pontificio per il Santuario