In Campania e in Sicilia oltre quattro persone su dieci sono “a rischio povertà” ovvero hanno un reddito disponibile, dopo i trasferimenti sociali, inferiore al 60% di quello medio nazionale. Si tratta del livello più alto in Ue. Questo freddo dato dell’Eurostat del 2018 dovrebbe non dico allarmare, ma addirittura far disperare i cittadini siciliani e campani e di tutto il Sud Italia. Temo invece che verrà assorbito dall’informazione e dal mondo politico come una delle tante notizie economiche che le agenzie giornalistiche pubblicano quotidianamente. Perché? E’ questa la vera domanda che dobbiamo porci. Rispondere alla domanda sull’indifferenza che una così grave questione suscita ci aiuta anche a comprendere il perché si sia giunti sul terreno economico e sociale a un tale disastro. Disastro alleviato forse soltanto (come qualcuno certamente sosterrà) dal cosiddetto ‘nero’ e dall’evasione fiscale che oggettivamente falsifica in parte il dato statistico.
Ma torniamo all’indifferenza. Paghiamo lo scotto di più di trent’anni di egemonia culturale, si sarebbe detto un tempo, delle forze politiche ed intellettuali che hanno decretato la fine dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno come un salutare ritorno all’economica di mercato. L’egemonia liberista, si potrebbe dire, che ha pervaso tutto e tutti e in certi momenti perfino il sindacato. La sinistra su questo terreno anziché battersi, come sarebbe stato nella sua storia e nella sua natura, per perorare una ripresa, sia pure in termini nuovi e moderni, dell’intervento del Pubblico in economia quando il libero mercato provoca troppe diseguaglianze, si è attestata quasi esclusivamente sul terreno della cosiddetta questione morale. Che è come dire appiattire l’intero problema di una regione d’Europa di oltre 20 milioni di abitanti (il doppio del Portogallo o del Belgio) sul problema dell’incapacità di combattere la malavita organizzata e le classi politiche corrotte. Un problema che c’è naturalmente, ma che non può essere IL problema, l’unica questione.
Questa posizione della sinistra è servita da alibi ai liberisti per combattere anche sul piano morale l’intervento dello Stato a riparazione delle diseguaglianze che la globalizzazione creava nel Mezzogiorno del Paese. Insomma, siccome al Sud ci sono troppi ‘mariuoli’ e camorristi è meglio non dar loro i soldi per costruire infrastrutture, creare posti di lavoro e così via. Insomma, una tragedia morale e politica. Su queste macerie si è costruita la fortuna di una forza politica eversiva come la Lega al Nord, populista e qualunquista come quella dei 5 Stelle nel Sud Italia. Tragedia nella tragedia con qualche coloritura da farsa.
Come ha risposto il Sud? Male. Bisogna ammetterlo, in certo qual modo certificando una sua ‘inferiorità’ politica. Ha risposto con il populismo neoborbonico, con la curva del Napoli contro la curva dei padroni della Juventus, con la gara dei primati tra la mozzarella e il gorgonzola. Sembra di ritornare a quella battuta di un politico inglese: “Gli italiani perdono le partite di calcio come fossero guerre e le guerre come fossero partite di calcio”. Negli ultimi trent’anni per i meridionali è stato senz’altro così.
Che fare? Francamente, dopo anni di studio e di impegno professo il mio profondo pessimismo. Penso non ci sia niente da fare, è andata così. Però, se proprio volessimo pensare che la speranza è l’ultima a morire, dovremmo augurarci che una nuova classe politica ritorni alle origini della Questione Meridionale la quale, nei grandi meridionalisti, è sempre stata posta accanto a quella dell’unità d’Italia e della creazione di una forte Europa unita. E’ qui il punto. Riuscire a comprendere e far comprendere che affrontare seriamente, ossia con un forte impegno economico e un grandissimo impegno etico-politico, la questione del Sud Italia può diventare un elemento fondamentale per la ripresa dell’Italia e dell’Europa. Non si può in un breve articolo dettagliare proposte, compilare programmi. Ma se non c’è una idea di fondo, un sensibilità che ci conduca a riconquistare i valori della solidarietà, dell’eguaglianza, della socialità e innanzitutto della libertà come dignità degli individui, non ci sarà soluzione tecnica che potrà alleviare la cosiddetta questione meridionale che è in realtà, non ci stancheremo mai di ribadirlo, questione italiana ed europea.