Colesterolo alto, elevati livelli di glicemia, ipertensione. Sono tutte condizioni che spingono chiunque a preoccuparsi subito della salute del cuore. Giustissimo, ma la storia non finisce qui: in gioco c’è anche il cervello, e con esso la mente. “Storicamente – dice la professoressa Daniela Carnevale, dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università Sapienza di Roma e Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale del Neuromed – la clinica e la ricerca di base hanno ampiamente dimostrato che i fattori di rischio cardiovascolare sono la causa principale di eventi cerebrali acuti come l’ictus. Ma ciò che negli ultimi anni sta emergendo in modo sempre più chiaro è che gli stessi fattori possono incidere in maniera determinante anche sulle patologie croniche-neurodegenerative. Lo studio di questo binomio cuore-cervello nasce prima di tutto dalla dimostrazione che l’ipertensione arteriosa è il principale fattore di rischio per la demenza vascolare”.
Recentemente lo scenario si è ulteriormente allargato, arrivando a comprendere anche patologie, come ad esempio l’Alzheimer, che si ritenevano di natura esclusivamente neurologica. “Se studiamo più in dettaglio molte forme di decadimento cognitivo – continua Carnevale – anche attraverso l’esame di reperti autoptici, vediamo chiaramente che esiste una componente vascolare non trascurabile. Il nostro gruppo ha cominciato già più di un decennio fa ad interessarsi di questa associazione tra patologia cardiovascolare e demenza. Vogliamo capire meglio cosa succede nel cervello, e soprattutto nei vasi cerebrali, quando c’è una disregolazione dell’omeostasi cardiovascolare, come avviene ad esempio nel caso della pressione arteriosa elevata”.
Per portare avanti queste ricerche il laboratorio della professoressa Daniela Carnevale, presso il Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale, ha sviluppato modelli animali sperimentali di demenza vascolare indotta dall’ipertensione arteriosa. Questo ha già portato a individuare meccanismi molecolari che potrebbero essere un futuro bersaglio di terapie innovative. “Allo stesso tempo – dice ancora la ricercatrice – a questi studi stiamo affiancando anche la ricerca sull’uomo grazie al nostro reparto clinico di Angiocardioneurologia. In particolare, stiamo conducendo studi clinici che combinano l’approccio al paziente più prettamente cardiologico, ad una visione di analisi neurovascolare mediante la risonanza magnetica nucleare. Grazie a tecniche innovative di analisi delle immagini, puntiamo a individuare precocemente un eventuale danno neurologico nei pazienti ipertesi. Questi pazienti poi li seguiamo nel tempo, alla ricerca di nuove possibilità di trattamento che quantomeno ci aiutino a contrastare l’evoluzione di una patologia che purtroppo sta diventando uno dei maggiori problemi a livello internazionale” (1).
Altri studi condotti dallo stesso gruppo di ricerca esplorano la direzione opposta: ovvero la comunicazione tra cervello e cuore. Al centro c’è il ruolo che il sistema nervoso ha nell’influenzare la pressione arteriosa e quindi la salute dei vasi. “Non solo il cervello è un ‘organo bersaglio’ dell’ipertensione – spiega Carnevale – ma è anche uno dei principali regolatori del sistema cardiocircolatorio. La regolazione avviene tramite due modalità principali: la prima fa riferimento al continuo interscambio di informazioni che vengono dagli organi periferici per essere poi elaborate dal sistema nervoso autonomo, che risponde con altri impulsi nervosi in modo da mantenere un equilibrio, la cosiddetta omeostasi. Oltre a questo, però, siamo riusciti ad individuare un’altra via di comunicazione e controllo: il sistema immunitario. Il sistema nervoso, infatti, controlla la milza, organo che per decenni è stato considerato poco o per niente necessario ma che in realtà è importante per organizzare risposte immunitarie appropriate agli stimoli a cui l’organismo è sottoposto. Ciò che abbiamo scoperto è che il cervello controlla direttamente quali cellule presenti nella milza vengono immesse nella circolazione sanguigna per raggiungere gli organi periferici (come il cuore, i vasi, i reni) che, a loro volta, controllano le funzioni cardiovascolari. Lo definiamo sistema ‘neuroimmunitario’ e si sta dimostrando determinante per molti fattori di rischio cardiovascolare” (2).
Il cervello comunica con impulsi nervosi, quindi elettrici. E questo sta facendo nascere un nuovo campo di ricerca: la medicina bioelettronica, con la possibilità di creare apparecchiature capaci di intervenire elettronicamente sul sistema nervoso. “Stiamo sviluppando – conclude la professoressa – tecniche che potranno modulare selettivamente gli impulsi nervosi in modo da controllare la risposta immunitaria. Uno dei primi obiettivi sarà proprio di intervenire sui meccanismi della risposta neuroimmunitaria coinvolta nell’ipertensione, ma appare evidente come le prospettive possano essere molto più ampie ed estese a diverse patologie” (3).
1) Carnevale, L., Maffei, A., Landolfi, A., Grillea, G., Carnevale, D., & Lembo, G. (2020). Brain functional magnetic resonance imaging highlights altered connections and functional networks in patients with hypertension. Hypertension, 76(5), 1480-1490.
DOI: https://doi.org/10.1161/HYPERTENSIONAHA.120.15296
2) Carnevale, D., Perrotta, M., Pallante, F., Fardella, V., Iacobucci, R., Fardella, S., … & Lembo, G. (2016). A cholinergic-sympathetic pathway primes immunity in hypertension and mediates brain-to-spleen communication. Nature communications, 7(1), 1-13.
DOI: https://doi.org/10.1038/ncomms13035
3) Carnevale, L., Pallante, F., Perrotta, M., Iodice, D., Perrotta, S., Fardella, S., … & Lembo, G. (2020). Celiac vagus nerve stimulation recapitulates angiotensin ii-induced splenic noradrenergic activation, driving egress of CD8 effector cells. Cell reports, 33(11), 108494.
DOI: https://doi.org/10.1016/j.celrep.2020.108494
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