Roma – Una vita in fuga quella di Cesare Battisti, ex membro dei Proletari armati per il comunismo, condannato in Italia per quattro omicidi risalenti agli ‘anni di piombo’. Da quasi 40 anni la sua vita è scandita da soggiorni in prigione ed esili all’estero sotto protezioni politiche. In una continua battaglia politico-giudiziaria per sfuggire alla giustizia italiana. Nato nel 1954 a Cisterna di Latina, oggi 63enne, finisce in carcere da giovane per reati comuni. E alla fine degli anni ’70 entra nei Pac, gruppuscolo armato del terrorismo di sinistra specializzato in rapine, in chiave di ‘espropri proletari’. “Pretendere di cambiare il mondo con le armi è una stupidaggine ma a quell’epoca tutti avevano delle pistole”, disse nel 1991.
Arrestato nel 1979 a Milano, evade nel 1981 dal carcere di Frosinone. È condannato in via definitiva dalla giustizia italiana per 4 omicidi tra il 1978 e il 1979, di cui due come esecutore materiale, per i quali Battisti si è sempre detto innocente. A morire sotto i colpi dei terroristi del Pac sono la guardia carceraria Andrea Santoro a Udine, il gioielliere Pierluigi Torregiani a Milano e il macellaio Lino Sabbadin a Mestre. Questi ultimi due furono ‘puniti’, nello stesso giorno, perchè avevano in precedenza sparato a dei rapinatori. Il figlio di Torregiani, Alberto, allora 15enne fu ferito nell’agguato, rimanendo paralizzato. L’ultima vittima, sempre a Milano, è il poliziotto Andrea Campagna.
Dopo l’evasione Battisti fugge in Francia, dove rimane quasi un anno e conosce la moglie. Poi va in Messico, ma nel 1990 torna in Francia. Qui – grazie alla cosiddetta ‘dottrina Mitterrand’ adottata dal 1982 per volere dell’allora presidente socialista, che garantisce di non estradare i militanti politici di estrema sinistra che abbiano deciso di rinunciare alla lotta armata – vive tranquillamente a Parigi, affermandosi anche come scrittore.
Il terrorista ha vissuto tra Messico, Francia e Brasile
Ma nel 2004 il nuovo presidente francese Jacques Chirac decide di mettere fine alla ‘dottrina Mitterand’. E la giustizia francese dà il via libera alla sua estradizione, nonostante a difesa di Battisti si mobiliti la comunità intelletuale parigina. Con lui si schierano nomi della ‘gauche’ come la scrittrice Fred Vargas e il filosofo Bernard-Henri Levy. E anche in Italia scatta un appello a sostegno dell’ex Pac di scrittori e registi. Tra cui Tiziano Scarpa, Christian Raimo, Daniel Pennac, Vauro e Davide Ferrario.
A quel punto però la primula rossa degli ‘anni di piombo’ si volatilizza di nuovo. Fuggendo in Brasile sotto falsa identità, a suo dire con l’aiuto dei servizi segreti francesi. Il 18 marzo del 2007, dopo tre anni in clandestinità, viene arrestato a Rio de Janeiro e incarcerato a Brasilia. Resta in prigione quattro anni, attua anche uno sciopero della fame, affermando di preferire di “morire in Brasile piuttosto che tornare in Italia”.
Roma torna a chiederne l’estradizione, ma nel 2009 il ministro della Giustizia del governo Lula, Tarso Genro, gli concede l’asilo politico, facendo infuriare l’Italia. Il 18 novembre del 2009 la Corte suprema brasiliana ne autorizza l’estradizione. Ma lascia l’ultima parola al capo dello Stato Lula, che nell’ultimo giorno del suo mandato, il 31 dicembre 2010, annuncia di non voler concedere l’estradizione. Alla sua liberazione a giugno del 2011, a Battisti viene assegnato un permesso di residenza permanente nel Paese sudamericano.
Lula ne aveva evitato l’estradizione nel 2009
La sorte di Battisti, però, è appesa alle decisioni contraddittorie della giustizia brasiliana: nel 2015 un giudice federale ordina la sua espulsione in Messico o in Francia. Viene arrestato e scarcerato nel giro di poche ore dopo il ricorso del suo legale. A ottobre 2017 viene nuovamente arrestato, alla frontiera con la Bolivia, accusato di volere lasciare il Paese. Rilasciato poco dopo, fino ad aprile del 2018 è sottoposto all’obbligo di firma e della sorveglianza elettronica. Poi le misure restrittive vengono annullate.
Vive nei pressi di San Paolo e dopo l’elezione alle presidenziali di ottobre del candidato di estrema destra Jair Bolsonaro, che si insedierà a gennaio e in campagna elettorale aveva promesso l’estradizione, Battisti è di nuovo nel mirino. Il 14 dicembre 2018 un giudice della Corte suprema ne ha ordinato l’arresto “in vista di un’estradizione”. Poi, di nuovo, fa perdere le sue tracce. Fino alla cattura in Bolivia, nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 2019.
Niccolò Borella (LaPresse/AFP)