NAPOLI – Volava basso. Si era sistemato a Las Palmas de Gran Canaria il 40enne di Pontecitra, Alessandro Frasca, ritenuto inserito nella costola mariglianese del clan Mazzarella. E’ stata la Policia Nacional spagnola a catturare il 40enne. La segnalazione della cattura è arrivata domenica dal quartier generale della polizia delle Isole Canarie. Nel dispaccio si leggeva che gli agenti avevano “localizzato l’uomo il 1° gennaio in una zona del comune turistico di Mogán, a sud dell’isola, dove lavorava come impiegato”. Gli uomini delle forze dell’ordine locali hanno avuto comunicazione della pericolosità del soggetto da parte dei carabinieri di Castello di Cisterna. Per i legami con la camorra è stato istituito un’operazione speciale di polizia per procedere all’arresto. Sul suo capo c’era un mandato di cattura internazionale. Alla fine, quando è stato steso il rapporto di polizia, il detenuto è stato messo a disposizione dell’Autorità giudiziaria.
Il provvedimento
L’uomo, che si trovava a Maspalomas, era tra i destinatari delle misure cautelari eseguite lo scorso 25 maggio dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna. In particolare, nel corso delle indagini, si scoprì che, negli ultimi anni, nella zona compresa tra Marigliano, Pontecitra e San Vitaliano era sorto un nuovo sodalizio malavitoso in cui erano confluiti ras ‘mazzarelliani’. Una fusione che aveva portato alla nascita del gruppo dei ‘Mariglianesi’. Tuttavia l’accordo tra i tre ras si sarebbe improvvisamente rotto nell’estate del 2015. Due ‘triumviri’, insieme a alcuni sodali, si sono resi protagonisti di una clamorosa ‘scissione’ dando inizio a uno scontro con il terzo gruppo.
Insieme a questi un piccolo esercito di indagati cui erano affidati compiti come la raccolta delle estorsioni oppure di supporto nella gestione delle piazze di spaccio. Compito questo di esclusiva competenza dei capi. Accuse che hanno portato dietro le sbarre diversi personaggi. L’attività degli investigatori, oltre a svelare anche mandati e esecutori di almeno tre tentati omicidi, ha permesso di scoprire anche come l’organizzazione criminale avesse trasformato i complessi di edilizia popolare di Pontecitra e Marigliano, in vere e proprie roccaforti dello spaccio.
Diverse abitazioni, infatti, erano state sottratte ai legittimi assegnatari e affidate a esponenti della cosca che o li utilizzavano come ‘punto vendita’ per gli stupefacenti o, più semplicemente, ne erano entrati in possesso insieme ai loro familiari. Discorso a parte merita, invece, il racket. Il gruppo di Piezzo, ad esempio, si sarebbe reso responsabile di numerosi espisodi estorsivi, in particolare, ai danni di cantieri edili e commercianti. Non solo.
Gli affari sulle case
Oltre allo spaccio di stupefacenti e al ‘pizzo’, i ‘mariglianesi’, per come scoperto dalle forze dell’ordine, si erano dedicati anche a un’altra, remunerativa, attività illegale ossia la compravendita di case popolari. Un’attività che si sarebbe realizzata mediante l’allontanamento forzato di interi nuclei familiari che erano poco graditi ai capi dell’organizzazione criminale. Una volta ottenuto il possesso delle abitazioni, i ras provvedevano a ‘rivenderle’.
Fondamentali, per lo svolgimento delle indagini, ancora una volta si sono rivelate le intercettazioni, sia ambientali sia telefoniche mentre le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia come Raffaele Aurelio hanno fornito agli investigatori dell’Arma i riscontri necessari per completare il quadro probatorio a carico degli indagati. Tra i business principali del gruppo c’era la droga. Non solo le piazze di spaccio del rione Pontecitra ma tutte quelle che attive nel comune di Marigliano dovevano sottostare alle volontà di due dei ras colpiti da provvedimento cautelare perché accusati di essere a capo dei cosiddetti ‘mariglianesi’. A fornire importanti riscontri all’attività dei carabinieri di Castello di Cisterna è stato un ex sodale. Un racconto accurato che ha permesso di mettere a posto gli ultimi tasselli e di comprendere come il gruppo avesse organizzato il mercato degli stupefacenti.
Le dichiarazioni
“A Marigliano, tra la fine del 2014 e l’inizio dell’anno 2015, ormai comandavano Piezzo e Pelliccia. Essi avevano il controllo dello spaccio di stupefacenti ed inoltre controllavano le assegnazioni delle abitazioni delle palazzine del rione Pontecitra come ho già spiegato nei precedenti interrogatori. Inoltre prendevano qualche auto dalle concessionarie e le rivendevano facendo delle truffe… subito dopo aver spartito le attività di spaccio sul territorio, abbiamo imposto a tutti i privati che intendevano spacciare a Mariglìano di acquistare la droga da noi. Oppure, in alternativa, di consegnarci una somma estorsiva ogni settimana: ad esempio, ogni privato che vendeva cocaina doveva passarci 500 euro a settimana”.
L’ira dei boss
Chi non pagava, ha spiegato Aurelio, andava incontro all’ira dei boss. Come accaduto a un piccolo spacciatore nel 2014 che fu selvaggiamente ‘pestato’ con mazze da baseball. Si era rifiutato di pagare la ‘quota’ alla cosca. Per quanto riguarda le piazze di spaccio, invece, Aurelio ha fornito una descrizione dettagliata del loro funzionamento. “Si tratta dello spaccio di stupefacenti gestito in una determinata zona. La piazza può essere gestita da singole persone nella propria abitazione oppure, ed è molto più frequente, per strada, da un gruppo di soggetti, ciascuno con ruoli precisi: gli spacciatori al dettaglio, i pali.
Si nota subito dove c’è una piazza di spaccio per il continuo andirivieni di clienti… In tutti e due i casi, la piazza di spaccio è sempre sotto il sistema. Infatti, non è proprio possibile spacciare senza l’autorizzazione del clan che comanda sulla zona. L’autorizzazione viene data dal clan solo a chi sta a posto con il clan. Per stare a posto con il clan ci sono due modi. O si paga al clan una quota fissa di denaro, ogni settimana, ed in cambio si ha il permesso di spacciare su una determinata zona; oppure si acquista la droga da spacciare al dettaglio direttamente dagli uomini del clan”.