NAPOLI – Sarà il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede a rispondere, per iscritto, sulle misure da intraprendere dopo che un boss della camorra ha minacciato dal carcere, senza difficoltà, pubblici ministeri e il giornalista di ‘Cronache’, Giuseppe Tallino.
Su iniziativa di Michela Rostan
Ad interrogare il Guardasigilli è Michela Rostan, parlamentare di Liberi e Uguali, neo segretario della commissione Affari Sociali di Montecitorio. L’esponente del partito guidato da Pietro Grasso ha protocollato la sua interrogazione che mira a sapere “di quali elementi disponga il ministro interrogato in ordine alla vicenda e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche sul piano normativo, per evitare che possano essere veicolati da persone detenute messaggi offensivi e inquietanti nei confronti di magistrati e giornalisti”. Nel testo della sua interrogazione, la deputata Rostan ha riepilogato i passaggi chiave di una vicenda inquietante.
Le parole inquietanti di La Torre
L’intervista di Augusto La Torre, boss della camorra di Mondragone, viene rilasciata attraverso il suo avvocato e integralmente pubblicata da un sito online. All’interno insulti e minacce verso il magistrato Alessandro D’Alessio e il giornalista Tallino. A chiudere il suo testo una citazione di Gramsci: “Io sono sconfitto momentaneamente, ma la forza delle cose lavora per me a lungo andare”. Parole che suonano sinistre, in coda ad un documento carico di insulti rivolti a specifiche persone. Tallino ha presentato querela per quanto accaduto. Ma va difeso, protetto. Da tutti. E per questo Michela Rostan chiede un intervento chiaro da parte del governo guidato da Giuseppe Conte: “Appare, in ogni caso, grave che un boss detenuto possa approfittare di un’intervista per lanciare messaggi all’esterno, soprattutto con un chiaro contenuto minaccioso”.
Serve protezione
La Torre ha fatto uscire senza problemi le sue parole dal carcere di Ivrea, e tra un paio d’anni potrebbe tornare in libertà per fine pena. “Secondo gli inquirenti, il potere dei La Torre non è scalfito; esistono indagini in corso, che hanno portato all’arresto del figlio e del fratello del boss, con cui si è ipotizzato un tentativo di riformare il clan”, si legge ancora nell’interrogazione della parlamentare di LeU. E questo basta e avanza perché si faccia chiarezza su quanto avvenuto. Basta e avanza per non restare in silenzio, per non far finta di niente, per non voltarsi dall’altra parte. Tallino e il pm D’Alessio vanno protetti, difesi. Da tutti.