Le nuove cosche dei Casalesi azzerate dalla Procura di Napoli

CASERTA – Bisogna colpire quella ‘immortale’, perché fin quando non sarà lei ad essere recisa, le altre teste che la caratterizzano, pur venendo tagliate, ricrescono immediatamente: è così che veniva combattuta l’Idra, mostro leggendario della mitologia greca. Un serpente marino velenosissimo in grado di uccidere un uomo con il suo solo respiro. Ed è così che la Dda di Napoli sta combattendo il clan dei Casalesi: proprio come l’Idra è letale ed ha tantissime propaggini. Grazie all’impegno di abili magistrati e di bravi investigatori, la Procura partenopea si sta avvicinando, ogni giorno di più, alla sua testa immortale. E le altre che già aveva tagliato negli anni scorsi e che ora stanno ri-spuntando, animate da padrini che provano a dettare la loro linea dal carcere o da boss tornati in libertà dopo anni e anni trascorsi in cella, vengono subito neutralizzate grazie ad arresti e confische. Ed è frutto proprio di questa strategia il blitz andato in scena lo scorso novembre: 37 misure cautelari disposte dall’ufficio gip del Tribunale di Napoli.

La retata

Ad innescare la retata una corposa indagine tesa a disarticolare la cosca Bidognetti, riorganizzata, secondo l’accusa, da Gianluca Bidognetti, figlio di Cicciotto ‘e mezzanotte, supportato dal cognato Vincenzo D’Angelo, e il gruppo Schiavone, che, per gli investigatori, era finito nelle mani di Giovanni Della Corte. Avevano ripreso a taglieggiare commercianti in nome del clan, a tentare di infiltrarsi in società legate a settori economici importanti. Ma grazie all’attività investigativa condotta dai militari dell’Arma del Nucleo investigativo di Caserta sono stati subito bloccati.

La bordata al clan in provincia

Anche in primavera la Dda aveva già dato un’altra importante bordata al clan. Colpendo i fratelli Vincenzo e Nicola Schiavone, rispettivamente conosciuti come ‘o trick e ‘o munaciello, l’Antimafia è convinta di aver bruciato alcuni dei legami che la mafia dell’Agro aversano aveva con Roma. Grazie ai germani Schiavone, i Casalesi, stando alla tesi della Dda, sarebbero riusciti, sfruttando una rete di ditte intestate a prestanome, ad ottenere importanti appalti da Rete ferroviaria italiana e da colossi attivi nel settore dell’energia e della telecomunicazione. Parte dei proventi ottenuti, ne è convinta la Procura, finivano nelle casse degli Schiavone.

L’inchiesta

L’inchiesta che aveva portato, lo scorso 4 maggio, all’arresto di ‘o trick e ‘o munaciello era sfociata, complessivamente, in 35 arresti. Si era concentrata pure un altro personaggio di spicco del clan: Dante Apicella. Già condannato per mafia nel processo Spartacus, tornato libero, grazie ad imprenditori ‘amici’ e a tecnici comunali compiacenti si era tuffato nel giro degli appalti pubblici in nome del clan. Stesse condotte che avrebbe avuto Nicola Schiavone ‘o russ e che gli sono costate l’arresto scattato sempre a novembre.

Il business dei Casalesi


Appalti e clan dei Casalesi è stato anche il tema dell’inchiesta, condotta dalla Dia, incentrata sulle ipotizzate incursioni dell’imprenditore Sergio Orsi, già condannato per camorra (vicenda Eco4), nel Cira per indirizzare lavori a società ‘amiche’. Pure se il clan dei Casalesi non fa più morti, anche se l’ala militare è stata neutralizzata, i suoi business, che danneggiano l’economia sana dell’Italia, continuano a serpeggiare in Terra di Lavoro e, in molti casi (come ha dimostrato il lavoro della Dda) riescono anche a valicare i confini della Campania.

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