Le risate degli dei

Correva l’anno 1994. In quei mesi, l’onda antipolitica trovava nella azione giudiziaria di "Mani Pulite" la giustificazione nel voler azzerare un intero ceto politico

Vincenzo D'Anna, ex parlamentare

“Miserie dello Storicismo” è il titolo di un libro del sociologo, filosofo ed epistemologo, Karl Raimund Popper, che ben descrive la “società aperta” ed i vantaggi che essa offre. Secondo lo studioso austriaco, tale società è quella nella quale le istituzioni, sia politiche che economiche, funzionano secondo precise regole democratiche basate sulla tolleranza ed il rispetto per gli interessi diffusi e le opinioni altrui. L’esatto contrario, se vogliamo, del pensiero marxista, i cui epigoni si illusero di poter addirittura prevedere il corso (e la fine stessa) della Storia, con l’estinzione dei conflitti sociali e la classe unica del proletariato. Una vana certezza derivante dal convincimento di poter edificare, in terra, una società perfetta di eguali. Cosa ben diversa dalle previsioni della società liberale, dove nulla viene imposto agli individui ed alle libertà decisionali degli stessi. Una società nella quale, per dirla alla Popper, la libertà economica ha la preventiva necessità di veder prima realizzata la libertà politica, ovvero le istituzioni democratiche, senza le quali il libero mercato si traduce nella libertà dei lupi di divorare gli agnelli.

Correva l’anno 1994. In quei mesi, l’onda antipolitica trovava nella azione giudiziaria di “Mani Pulite” la giustificazione nel voler azzerare un intero ceto politico. Saliva allora alla ribalta Silvio Berlusconi, un novello Re Mida, padrone di un impero economico. Costui aveva deciso di occuparsi, in prima persona, delle vicende politiche del Belpaese circondandosi, come un principe del Rinascimento, del fior fiore degli intellettuali, politologi, economisti e giornalisti liberal democratici del tempo. Tra questi, solo per citarne qualcuno: Marcello Pera, Antonio Martino, Paolo Del Debbio, Giuliano Urbani, Gianni Baget Bozzo, Giuliano Ferrara, Vittorio Feltri, Lucio Colletti (redento filosofo marxista).

Il suo programma di governo, molto innovativo, fu il primo di stampo veramente liberale, prevedendo riforme dell’economia e di tutti i comparti obsoleti ad erogazione monopolistica oppure statalizzata. Ambizioso anche il sentimento di riformare e rendere più efficiente lo Stato, tagliare il clientelismo parassitario, ridurre le tasse, rilanciare i consumi, riformare giustizia, fisco e scuola. La “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto e dall’intera sinistra italiana, fu ribaltata con percentuali di voto a Forza Italia che sfiorarono il 40 per cento. Bei tempi che furono. Ormai andati.
Col trascorrere degli anni, infatti, sia la spinta riformatrice che la rivoluzione liberale di Berlusconi, andarono progressivamente affievolendosi innanzi ai giochi di palazzo che gli consigliavano il “quieto vivere” ed il campare di rendita elettorale. In questa “cesura” si intromise la politica politicante dei compromessi e della tutela dei molteplici e sempre più palesi interessi del Cavaliere. Non fu mai costruito un partito dalle sembianze democratiche con prospettive diverse da quelle padronali ed assolutistiche del proprio leader. Via via i maître a penser furono accantonati a favore delle maîtresse e della nomenclatura “codina” dei nominati. In quei tempi di successi nessuno si curò più del programma innovativo scritto dai “professori” nel 1994, e ciascuno preferì macinare nel mulino della propria convenienza piuttosto che in quello della coscienza.

Oggi, dopo un ventennio di alterne fortune, ma anche di colpi bassi ed interferenze giudiziarie per sconfiggere l’invincibile Cavaliere, la stella di quest’ultimo sembra irrimediabilmente tramontata. Di “cupio dissolvi” parlai in tempi non sospetti rivendicando un minimo di spazio decisionale per gli eletti a tutti i livelli, e la pratica della selezione democratica della dirigenza, almeno al di sotto del leader indiscusso, ma fui inascoltato ed isolato dai soliti “reggicoda” di turno. Ora assistiamo, in Forza Italia, al progressivo abbandono della barca (che lentamente affonda nei sondaggi), da parte dei maggiori beneficiari delle grazie di Silvio. Nullità assolute sotto il profilo politico ed il consenso elettorale che scherniscono e tramano contro il vecchio capo. E tuttavia “sua emittenza” continua ad illudersi di poter continuare ad usare gli uni e gli altri come pedine sulla sua vastissima scacchiera fino a contemplare il sostegno al Conte bis in chiave anti Renziana.

Colui che aveva creduto nella possibilità di essere eterno, di poter conciliare l’idealità liberale con la tutela dei suoi molteplici interessi, stenta ancora a comprendere che scomparirà per mano dei più stupidi e dei più beneficiati. In fondo si avvera la massima: chi pensa di poter prevedere (governare ) il futuro sarà sommerso dalle risate degli dei. E dalla congiura dei mediocri che ha allevato.

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