L’eredità del proporzionale

Putin avrà di che mordersi le mani. Sembra infatti che la guerra in Ucraina non stia andando proprio come inizialmente il leader russo aveva preventivato. Ad oltre un mese dall’aggressione militare, infatti, pur utilizzando forze imponenti ed armi di ultima generazione, l’esercito di Mosca non è ancora riuscito a schiacciare quello di Kiev ed, anzi, pare abbia lasciato sul campo una quantità enorme di morti e di mezzi distrutti. Chi tra i responsabili del Cremlino aveva immaginato una “guerra lampo” ormai deve prendere atto che il conflitto è virato nella direzione opposta, vale a dire quella di un logorante scontro di posizione. Uno stillicidio di battaglie e di perdite che non potrà essere sopportato a lungo. Addirittura sembra che si contino già numerose diserzioni tra i soldati russi mandati a combattere ignari di dover fare da macellai della popolazione civile, di dover affrontare un esercito popolare disposto ad immolarsi pur di difendere la propria patria, trasformando, all’occorrenza, ogni rudere in un centro di resistenza contro gli invasori. Parliamoci chiaro. La diversa motivazione tra i due schieramenti finirà, alla lunga, per fare la differenza come già successo in altre vicende belliche, dall’Indocina francese al Vietnam americano, fino all’Afghanistan sovietico, territori dove eserciti ben equipaggiati furono sonoramente sconfitti da truppe irregolari organizzatesi per difendere le loro case e le loro famiglie. Kiev potrebbe somigliare a Dien Bien Phu ove la grandeur colonialista di De Gaulle fu costretta ad inchinarsi, oppure a Saigon abbandonata caoticamente dagli americani e, per finire, alla stessa Kabul ripresa ai sovietici dai mujaheddin e poi, nuovamente, questa volta dai talebani, alle truppe internazionali occidentali che ci si erano recate agli albori del terzo millennio per contrastare alla fonte il terrorismo islamico. Insomma contro l’esercito di popolo ci si sbatte sempre il grugno. Ovviamente non estranea a questa imprevista resistenza degli Ucraini è anche la costante fornitura di soldi e di armi da parte di quell’Occidente che finalmente riesce a trovare un minimo comune denominatore. Lo stesso dicasi per la fiumana di aiuti umanitari che arrivano da ogni parte del mondo per soccorrere i circa tre milioni di profughi. Insomma, chiunque possegga uno smartphone può rendersi conto di come l’esercito ed il popolo ucraino si stiano battendo con buoni risultati, infliggendo pesanti perdite ai non più tracotanti invasori. Una condizione che gli aggressori hanno sottovalutato e di cui gli aggrediti hanno beneficiato per equilibrare gli schieramenti belligeranti. L’Europa e la Nato hanno finalmente capito che ad Est la “democratura”, l’intreccio tra libertà economiche e dittatura politica e civile, attacca l’idea stessa di società liberali e di stati democratici. Società decadenti, frutto di regimi politici consunti dall’opulentia e dal benessere dal sistema capitalistico, privi di nerbo e di tenacia in quanto logorati dal relativismo etico e dalle libertà tipiche delle società liberali. Al di là del teatro di guerra, è l’intera Europa ad essere finita sotto attacco, il suo stile di vita, le scelte etiche che quelle stesse società determinano. Il tutto con il “retro-appoggio” russo dell’ignavia cinica e calcolatrice di grandi paesi come la Cina e l’India ove è presente un terzo della popolazione mondiale. Gli antichi romani ammonivano che chi desidera la pace deve organizzarsi per la guerra. Avevano ragione. Senza una forza di dissuasione forte e credibile, infatti, la vecchia Europa sembra destinata a diventare terra di conquista per questi regimi dittatoriali che non si fanno scrupolo alcuno di belligerare. Stiamo parlando di regimi liberticidi che se ne infischiano delle pressioni di un’opinione pubblica avveduta e consapevole. In questa ottica aumentare l’organizzazione, la qualità degli armamenti, la collaborazione militare tra gli Stati più che una necessità diventa un dovere. Chi non capisce questo è un imbecille (etimologicamente parlando: “senza carattere”) e chi finge di ignorarlo è un demagogo, un profeta disarmato la cui voce serve a poco per risolvere il problema. In Italia non mancano né gli uni, né gli altri. I primi si cimentano sui social alimentati dall’anti-americanismo di maniera, i secondi, in quanto demagoghi, frequentano le aule del Parlamento. Sono questi ultimi i più perniciosi ed i più pericolosi a cominciare dalla galassia dei parlamentari del M5S che tenta di ricucire la diaspora degli eletti ritornando al qualunquismo cosmico delle origini. Contro loro, in questo delicato frangente, si scontrano i piddini dall’esangue Enrico Letta, che con questi insoliti “alleati” ha stretto un’intesa politica per il presente ed il futuro prossimo. Una riprova del fatto che alla fine della fiera, sia a destra che a sinistra, regnano approssimazione e frazionismo politico. Eredità triste e palese del sistema elettorale proporzionale.
*già parlamentare
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