TORINO – “Le ultime dichiarazioni di Khalifa Haftar e ogni tentativo di spingere verso soluzioni unilaterali, anche con la forza, non potranno mai rappresentare una soluzione del conflitto per il Paese, e questi tentativi non possono essere accettati”. Peter Stano, che è il portavoce della Commissione europea per gli Affari esteri, non ha usato mezze misure nel condannare quello che molti considerano un golpe messo in atto dall’uomo forte della Cirenaica.
La situazione
Ma mentre la Ue vigila (“Seguiamo la situazione con grande preoccupazione e chiediamo alle parti di fermare i combattimenti e virare verso un processo politico”, sono ancora le parole di Stano), la situazione in Libia si sta facendo (più che) incandescente. Non basta nemmeno che la Russia sia intervenuta per promuovere una soluzione “politica e diplomatica” e che abbia stigmatizzato l’autoproclamazione del generale. Tutto, infatti, si sta ulteriormente complicando in una zona del pianeta incapace ormai da anni di vivere in pace.
Il ‘golpe’ di Haftar e l’allarme dell’Ue
Haftar, sfruttando probabilmente la ‘disattenzione’ internazionale alimentata dalla pandemia, lunedì sera non ha trovato nulla di meglio che autoproclamarsi leader della Libia attraverso i microfoni della tv al-Hadath. Sostenendo di aver ricevuto un “mandato popolare” per governare la nazione e sbilanciandosi in molte affermazioni impegnative, tra le quali la fine dell’accordo di Skhirat, firmato nel 2015 sotto l’egida dell’Onu per la cessazione delle ostilità. Una fine, ovviamente, unilaterale.
L’accordo
L’accordo siglato 5 anni fa prevedeva un governo di unità nazionale, riconosciuto a livello internazionale, guidato da Fayez al-Serraj, con sede a Tripoli. Un accordo, comunque, fragilissimo e rispettato a fatica. Non a caso, nelle ultime settimane proprio il generale Haftar era tornato ad attaccare la capitale dopo aver subito una serie di sconfitte. Al punto che la Ue – sollecitata da Italia, Francia e Germania – aveva chiesto di rispettare una tregua durante il periodo del Ramadan. Appello, a quanto pare, caduto nel vuoto.
Incerta la linea del Parlamento
Al momento non è ancora chiara quale sia la posizione del Parlamento di Tobruck, che è uno dei firmatari dell’accordo di Skhirat e che è stato teoricamente defenestrato dall’uomo di Bengasi. Mentre a Tripoli l’iniziativa del generale è stata bollata come l’ennesima intemperanza di un militare che intende esercitare un potere autoritario e non democratico. Secondo gli osservatori internazionali, la mossa inattesa del generale sarebbe un atto di forza per nascondere la propria debolezza.
(LaPresse/di Vittorio Oreggia)