L’intervista. Borghi: “Per costruire l’alternativa subito un contratto di coalizione”

Il senatore di Italia Viva: “Fissiamo 10 punti intorno ai quali stilare il programma di governo. Da Meloni una manovra insapore. La posizione del Pd su De Luca è politicamente suicida”

NAPOLI – Un patto di coalizione in 10 punti per costruire per davvero un’alleanza riformista da contrapporre al centrodestra di Giorgia Meloni. Il senatore di Italia Viva, Enrico Borghi, nella sua intervista a ‘Cronache’ suggerisce una strada per mettere insieme un campo largo in cui ci sia pari dignità tra le forze che lo compongono. E chiede al Pd di abbandonare atteggiamenti ‘a targhe alterne’ come quello avuto con il governatore Vincenzo De Luca sul caso del terzo mandato.

Senatore, ha definito ‘campo monco’ il centrosinistra, come andrebbe completato a suo parere per diventare vincente?

La costruzione di una alternativa si deve poggiare su un progetto di governo, non solo su una dinamica a specchio. Non si può solo dire “quelli sbagliano”, ma bisogna anche dire “bisogna fare così per stare meglio”. E per questo, si vince non facendo solo la mera sommatoria, ma esprimendo una politica. E qui viene a galla il cuore del problema, e cioè la vocazione della coalizione, ovvero la sua direttrice di marcia. Deve essere riformista, e quindi attenta e capace alle innovazioni con pragmatismo e in grado di parlare a tutto il paese, oppure massimalista, che si attarda sulla propaganda e si balocca nell’estremismo parolaio? Chi ha in mente di guidare deve sciogliere questo nodo. Noi di Italia Viva abbiamo chiaramente detto che siamo disponibili ad un confronto, su un piano di pari dignità e fondato sul merito delle questioni.

Come possono coesistere all’interno di una coalizione forze che hanno idee diverse su questioni fondamentali come l’ambiente e l’economia come Italia Viva, M5S e Alleanza Verdi e Sinistra?

Serve un contratto di coalizione, come fanno in Germania e in Spagna e come hanno iniziato a sperimentare anche in Francia. Dieci punti attorno ai quali si costruisce il cuore del programma di governo. Ci si siede ad un tavolo, si negozia il contenuto tra i partiti che sottoscrivono l’alleanza, che una volta raccolto il voto maggioritario degli Italiani diventa impegnativo formalmente nel momento in cui il Primo Ministro lo espone alle Camere ottenendo su questo la fiducia del Parlamento. E’ un esempio di quel pragmatismo cui facevo riferimento.

E’ iniziato l’iter parlamentare della Manovra: quali sono gli aspetti che meno la convincono del lavoro fatto dal Governo Meloni?

Al di là della propaganda, è una manovra sostanzialmente incolore, inodore e insapore. Sul piano politico, fanno l’opposto di ciò che avevano detto. Volevano attingere al debito pubblico a gogò, e fanno tagli alla spesa. La verìtà è che Meloni e Giorgetti hanno negoziato con l’Europa il nuovo patto di stabilità, e ci hanno messo su binari di austerità per sette anni. Ma a fianco di ciò non fanno l’unica cosa che potrebbe sbloccare il Paese, facendolo ripartire: le riforme per modernizzare e innovare l’Italia. La dinamica conservatrice e corporativa della destra così blocca il Paese, enfatizza le diseguaglianze tra strati sociali e zone geografiche e aumenta occultamente le imposte per chi è a reddito fisso. Però una cosa va detta: l’alternativa a questa manovra non può essere l’enfasi del “tassa e spendi”, della spesa pubblica facile che abbiamo visto all’opera con il superbonus edilizio. Ecco un altro esempio del nodo da sciogliere tra riformismo e massimalismo a cui facevo riferimento.

Sul caso dossieraggi che sta letteralmente dilagando, è tempo di un intervento legislativo in materia? E’ realmente a rischio la democrazia come detto dal ministro Nordio?

Siamo dentro un salto di fase, con la rivoluzione digitale. La struttura della legislazione, della pubblica amministrazione, il modo con cui si articola la democrazia deve necessariamente cambiare a fronte della profonda trasformazione che è in atto e che colpisce il modo con cui si vive, si lavora, si produce. Oggi siamo troppo lenti e lunghi, e non andiamo in profondità. E non ce lo possiamo permettere, perchè la privatizzazione del nuovo petrolio, ovvero dei dati, pone nuove domande e nuovi equilibri. E qui veniamo a ciò che accade: se si tenta di coinvolgere il server del Quirinale, se si dossiera la seconda carica dello Stato o uno dei leader più influenti dell’opposizione, se si condizionano i mercati finanziari con la propagazione di notizie illecitamente attinte, se -per usare parole di Giorgia Meloni- abbiamo persone infedeli nel cuore dello Stato, tutto questo non può non vedere una risposta pronta ed adeguata. Vanno individuate le falle del sistema per dare risposte in termini legislativi. Per questo come Italia Viva abbiamo proposto una commissione parlamentare ad hoc in tal senso.

In Campania stata approvata una legge che consentirebbe a De Luca di correre per un terzo mandato e taglia fuori i sindaci dalla possibilità di candidarsi, cosa ne pensa?

Penso francamente che l’interpretazione delle leggi a targhe alterne, a seconda delle opportunità e condita da un insopportabile moralismo e da una pretesa di superiorità etica che non esiste, sia inaccettabile. Non capisco perchè a De Luca non sia giusto concedere ciò che il Pd concesse in Emilia Romagna a Vasco Errani, che si fece il suo terzo mandato diretto nel 2010 in totale e applaudita deroga allo Statuto del Pd, e facendo anche scuola sul piano giuridico creando un precedente al quale giustamente oggi De Luca si appella. Questa idea secondo la quale per gli amici le norme si interpretano e per i nemici si applicano è francamente insostenibile. Oltre che essere politicamente suicida.

Un’ultima considerazione sulle guerre in Medioriente e Ucraina: ritiene che l’Italia a livello internazionale abbia ancora un peso sufficiente per essere protagonista in processi di pace che sono quanto mai urgenti e necessari?

Leggo in queste ore di presunti assi che Giorgia Meloni potrebbe stabilire con Trump a nome e per conto dell’Europa. Mi pare una lettura un pò pretenziosa, e alquanto provinciale. Trump non ha certo bisogno di suoi epigoni e interpreti per rivolgersi all’Unione Europea, che considera una bizzarra sommatoria di 27 “paesini”. E peraltro la politica dei nuovi dazi commerciali, un ridotto sostegno all’Ucraina, il rapporto che Trump proverà a coltivare con l’estrema destra europea, le politiche monetarie e finanziarie della nuova amministrazione americana e le dinamiche sulla spesa della difesa porranno sfide inedite all’Europa. Penso che il nostro futuro non stia dentro il ruolo di ambasciatore di altri, quanto in quello che di fronte a politiche divisive si acquisisca una leadership europea per evitare che il Vecchio Continente si muova in ordine sparso. Il nostro futuro è in Europa, e in una Europa che ora sappia affrontare e vincere la sfida di una sua maggiore integrazione. La pace nasce anche da qui.

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