NAPOLI – Il Napoli e lo scudetto sulla pelle. Matteo Politano, uno dei veterani dello spogliatoio, racconta e si racconta in un’intervista esclusiva con Cronache. A cuore aperto parlando delle ambizioni della squadra e di quelle sue personali, di Napoli e Nazionale, di scudetto e di Maradona, di Kvara e di.. tatuaggi.
Lei è uno dei veterani del gruppo: che cosa è cambiato rispetto all’anno scorso?
“C’è stata compattezza nel gruppo sin dal primo giorno che ci siamo ritrovati. È chiaro che abbiamo perso giocatori importanti come Insigne, Mertens e Koulibaly ma è altrettanto vero che sono arrivati giocatori importanti. Diciamo che noi un po’ più grandi li abbiamo aiutati subito nell’inserimento, gli abbiamo subito fatto presente che erano arrivati in una piazza importante. E devo dire che loro si sono subito adeguati e si sono inseriti alla grande nella squadra”.
Si aspettava, vi aspettavate, un Napoli così forte e in testa alla classifica oppure anche voi siete sorpresi da voi stessi?
“Onestamente sì, ce lo aspettavamo. Sin dal primo giorno vedevamo che si stava creando un gruppo forte, con qualità tecniche ma anche umane. Poi, certo, anche il fatto che nessuno in estate puntasse su di noi, che non indicassero il Napoli tra le favorite per lo scudetto, ci ha dato una carica supplementare. E dal primo allenamento a Dimaro siamo scesi in campo per dimostrare che questo scetticismo era ingiustificato e che il Napoli, pur rinnovato, era forte”.
Lo avete dimostrato con i fatti. Però le chiedo: vincere aiuta a vincere è solo un luogo comune o è vero?
“Per quella che è la nostra esperienza attuale è vero al cento per cento. Perché se vinci non solo vai in campo sereno e tranquillo e tutto ti riesce più semplice ma durante la settimana ti alleni anche meglio. E poi vincere ti aiuta ad aumentare anche l’autostima, ti dà sicuramente qualcosa in più”.
Cosa l’ha sorpresa di più dei nuovi acquisti, in campo ma anche fuori?
“Sono tutti bravissimi ragazzi e professionisti esemplari. Kim ad esempio è simpatico e solare, gli piace scherzare tanto ma, ripeto, sono tutti eccezionali e sono stati bravi ad integrarsi nel gruppo, dimostrando in campo che avevano voglia di affermarsi qui a Napoli”.
Kvara è un giocatore fenomenale: è più spettacolare in allenamento o in partita?
“In allenamento è qualcosa di eccezionale. Khvicha è un ragazzo che parla poco ma molto serio, che dà tutto in campo. È il primo ad arrivare all’allenamento e l’ultimo ad andare via, segno che, anche se giovane, ha voglia di migliorare. In campo è un calciatore d’altri tempi: grandissimo dribblatore, in possesso di un gran tecnica ma anche fisicamente forte e dotato di una grande corsa. Davvero un giocatore fortissimo”.
Spalletti è l’artefice di questo Napoli fantastico: c’è stato un cambio di passo nel suo rapporto personale con lui?
“In estate ho deciso di rimanere perché ho incassato la fiducia del club e del mister, che è molto bravo a coinvolgere tutti, a farci sentire importanti”.
In carriera è stato allenato da tanti bravissimi allenatori come Di Francesco, Gattuso o il ct Mancini: se dovesse indicare un elemento che contraddistingue Spalletti quale sceglierebbe?
“Io conosco bene il mister perché mi ha allenato anche all’Inter, ha la capacità di tenere in considerazione tutti i calciatori a sua disposizione, li mette a proprio agio tutti quanti. In più cambia spesso formazione e spesso anche veste tattica e questo, unito ai cinque cambi a partita, aiuta sicuramente a far sentire tutti importanti”.
I cinque cambi in effetti hanno cambiato il calcio ed azzerato i mugugni…
“Sì perché ora non si può neppure parlare di turnover ma di una rotazione all’interno di una stessa partita, mentre nel passato magari chi aveva meno spazio era scontento. Per quanto riguarda noi, siamo tutti a disposizione dell’allenatore e il calcio che attua, con tanto movimento e calciatori che si scambiano spesso il ruolo, ci aiuta ad esprimerci al massimo e a sfruttare le qualità di ognuno”.
Ha detto Spalletti dopo la partita con l’Empoli: “Le qualità di 22 calciatori sono meglio delle qualità di 11”: si può dire che questo è un concetto cardine del vostro spogliatoio?
“Sicuramente. Al di là delle qualità dei singoli, stiamo dimostrando che la forza del Napoli è il collettivo. D’altra parte giocando ogni tre giorni c’è bisogno di dosare le energie e c’è spazio in campo per tutti”.
Oggi al Maradona arriva l’Udinese: che partita si aspetta?
“È una partita difficilissima contro una squadra forte. Non ci dobbiamo far trarre in inganno dalla flessione recente dei risultati: i friulani stanno facendo un grandissimo campionato e sicuramente verranno a Napoli a giocarsela a viso aperto. Noi dovremo essere bravi a un subire le loro ripartenze e reggere l’impatto fisico. Vogliamo vincere per rafforzare il primato in classifica e andare alla sosta col maggior margine di vantaggio possibile sulle inseguitrici”.
A proposito di inseguitrici: nella corsa scudetto il Napoli deve temere più sé stesso o le rivali?
“Dobbiamo pensare a noi stessi, senza guardare a quello che fanno le altre. Abbiamo un vantaggio ampio, è vero, ma mai abbassare la guardia. Basta ricordare quello che è successo all’Inter l’anno scorso: il Milan era staccato ma i nerazzurri hanno perso alcune partite e i rossoneri hanno operato la rimonta sino a vincere poi lo scudetto”.
Victor Osimhen ha avuto un’evoluzione: anche il gruppo percepisce che sta diventando un trascinatore?
“In realtà lo è sempre stato, anche se nel passato è stato limitato dagli infortuni. Lui è un ragazzo solare, sempre col sorriso ma quando è in campo ha una determinazione feroce, quando non gioca soffre. È un giocatore importante ma, ribadisco, la nostra vera forza è il collettivo”.
In attacco avete tante frecce all’arco…
“Sì, siamo diversi ma con grande qualità. Penso a calciatori fortissimi come Simeone e Raspadori che anche quando non giocano dall’inizio poi entrano in campo e fanno la differenza”.