Sanità: liste d’attesa troppo lunghe, il 40% degli italiani rinuncia

Photo Lapresse/ Stefano Cavicchi

ROMA – Lunghe liste d’attesa, sperimentate da quattro italiani su dieci, scarsi finanziamenti pubblici e spesa privata in aumento. L’impietosa fotografia del Sistema Sanitario Nazionale viene da un rapporto di European House-Ambrosetti. Il tutto presentato a Roma nel corso di un incontro organizzato da UniSalute, società che gestisce 43 Fondi sanitari integrativi di categoria.

Il rapporto

Nel 2018 quasi il 40% degli adulti in Italia, circa 20 milioni di persone, ha avuto una o più esperienze di liste di attesa di più di un mese, si legge nel rapporto. Il 48,5% di chi ha sperimentato le liste di attesa per le prestazioni Asl ha avuto anche una o più esperienze di Pronto Soccorso. Le situazioni più critiche si hanno per le visite specialistiche, che ha dovuto attendere circa il 60% di chi ha sperimentato una lista, e gli accertamenti diagnostici (42,7%), con delle punte nelle attese che hanno superato anche i 120 giorni.


Il gap con gli altri Paesi

Lo studio mostra come l’incidenza della spesa sanitaria pubblica italiana sul Pil (pari a 6,6%) sia minore della media europea (7,4%). E come nei prossimi anni sia destinata a diminuire e con un gap, rispetto agli altri paesi del Vecchio continente, destinato ad ampliarsi. Germania, Svezia e Paesi Bassi, ad esempio, spendono più di 4.000 euro l’anno per ogni cittadino, quasi il doppio di quanto spende l’Italia. Questo si sta traducendo, avvertono gli esperti, in una maggiore spesa da parte dei cittadini.

I costi sanitari a carico dei cittadini italiani

“La tendenza all’aumento della spesa sanitaria privata e soprattutto di quella out of pocket (ben il 24% in più negli ultimi anni) – scrivono gli esperti – evidenzia uno stato di sofferenza del nostro sistema sanitario nazionale in considerazione di uno sbilanciamento demografico verso la fascia più anziana delle popolazione che genera conseguentemente una maggiore domanda di salute”. Ben il 91% della spesa privata (36 miliardi di euro) è stata out of pocket. Ovvero sostenuta interamente di tasca propria dai cittadini, mentre solo per il rimanente 9% si è trattato di spesa intermediata. Un dato significativo, hanno sottolineato gli esperti all’evento, che conferma lo spostamento del finanziamento sempre più a carico dei cittadini. E che fa notare come la sottoscrizione di forme di sanità integrativa rimanga un fenomeno ancora limitato rispetto ad altri paesi europei. In Irlanda, Francia e Paesi Bassi la componente intermediata raggiunge un’incidenza superiore al 40%.

Più sanità integrativa

“Siamo convinti che la sanità integrativa dovrà mantenere e ampliare il ruolo di primo piano. Deve farlo grazie all’importante attività svolta ad oggi dai Fondi Sanitari di categoria che hanno consentito di intercettare parte della spesa diretta in sanità per oltre 5,8 milioni di assistiti”, ha commentato l’amministratore delegato di UniSalute, Fiammetta Fabris. A chiusura dell’evento ha evidenziato come, in questi anni, i Fondi sanitari di categoria da CCNL abbiano assicurato prestazioni per un valore di circa 2 miliardi di euro. 

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