CASERTA – Le liste d’attesa infinite nella sanità campana non risparmiano neppure i bambini. Non c’è nessuna “corsia d’emergenza” per i pazienti più fragili e indifesi: i tempi lunghi e le attese snervanti (e pericolose per la salute) sono uguali per tutti. Al Santobono (azienda diretta da Rodolfo Conenna) ieri le prenotazioni per Otorinolaringoiatria erano già chiuse fino a fine anno: le famiglie che devono far visitare i propri figli devono aspettare il 31 dicembre per sperare in un appuntamento. Inutile cercare di ottenere spiegazioni dalla struttura del Vomero: i telefoni di segreteria di direzione e Urp squillano a vuoto e dal sito istituzionale non risulta neppure un ufficio stampa, neanche si trattasse del posto di primo soccorso di un paesino di montagna anziché del più grande ospedale pediatrico del Sud Italia.
Altra situazione da terzo mondo si riscontra all’Asl di Caserta, precisamente al distretto 12, che comprende il capoluogo: per le visite a Neuropsichiatria infantile (in particolare i test intellettivi) i tempi di attesa sono di diversi mesi. Non solo: gli addetti non forniscono date, neppure di massima, alle famiglie. Semplicemente, la chiamata arriverà quando arriverà.
Dall’azienda sanitaria fanno sapere che il reparto ha solo 3 medici in organico e che nel 2022 ci sono state 147 prenotazioni, con una media di 100 giorni dalla prenotazione per la chiamata. E ad aprile un medico sarà trasferito a un altro distretto per sostituire un collega che va in pensione. Si sta cercando di ottimizzare le prenotazioni con la collaborazione delle farmacie e l’utilizzo dell’app “Campania in salute”. Quanto alla mancanza di informazioni sulla data degli accessi, dall’Asl si limitano a osservare che l’agenda viene tenuta personalmente dal neuropsichiatra: una spiegazione che non chiarisce nulla e un problema da risolvere subito per il direttore generale dell’Asl Amedeo Blasotti e il responsabile delle liste d’attesa Giustino Pignata. Non hanno invece problemi (anzi) gli studi medici e i centri privati che erogano le stesse prestazioni di Asl e aziende sanitarie, ovviamente a caro prezzo: per i test intellettivi, ad esempio, la spesa arriva tranquillamente a 500 euro.
Chiaro che in questa situazione i pazienti si rivolgano altrove: secondo i dati dell’Agenas, nel primo semestre del 2022, rispetto allo stesso periodo del 2019 (quando non c’era ancora l’emergenza Covid, quindi l’ultimo anno “normale”), in Campania le visite specialistiche sono diminuite del 9,24%.
Quasi 3 miliardi spesi per i “viaggi della speranza”
CASERTA (r.c.) – “La richiesta di maggiori autonomie viene proprio dalle Regioni che fanno registrare le migliori performance nazionali in sanità”. Lo dichiara il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta, commentando l’approdo in Consiglio dei Ministri della nuova bozza del Ddl Calderoli per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. Infatti, dalla ‘fotografia’ sugli adempimenti al mantenimento dei Lea relative al decennio 2010-2019 emerge che le tre Regioni che hanno richiesto maggiori autonomie si collocano nei primi 5 posti della classifica: rispettivamente Emilia Romagna (1°), Veneto (2°) e Lombardia (5°), mentre nelle prime 10 posizioni non c’è nessuna Regione del Sud. Inoltre, l’analisi della mobilità sanitaria conferma la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord, cui corrisponde quella estremamente limitata del Centro-Sud, visto che nel decennio 2010-2019, tredici Regioni, quasi tutte del Centro Sud, hanno accumulato un saldo negativo pari a 14 miliardi.
E tra i primi quattro posti per saldo positivo si trovano sempre le tre Regioni che hanno richiesto le maggiori autonomie: Lombardia (+6,18 miliardi), Emilia-Romagna (+3,35), Toscana (+1,34), Veneto (+1,14 miliardi). Al contrario, le cinque Regioni con saldi negativi superiori a un miliardo di euro sono tutte al Centro-Sud: Campania (-2,94 miliardi), Calabria (-2,71), Lazio (-2,19), Sicilia (-2) e Puglia (-1,84).
“Questi dati – continua Cartabellotta – confermano che nonostante la definizione dei Lea dal 2001, il loro monitoraggio annuale e l’utilizzo da parte dello Stato di strumenti quali Piani di rientro e commissariamenti, persistono inaccettabili diseguaglianze tra i 21 sistemi sanitari regionali, in particolare un gap strutturale Nord-Sud che alimenta un’imponente mobilità sanitaria in direzione Sud-Nord”.
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