“Copycat”, “plagiaire”, “kopist”, “copista”. La parola “copione”, con riferimento a Roberto Saviano, esiste in tutte e 60 le lingue in cui il suo primo romanzo è stato tradotto. Con esso sono stati tradotti gli articoli di Cronache, che Saviano ha copiato. Ed è stato condannato in via definitiva. Della vicenda ha scritto, ovviamente, anche la stampa internazionale.
Di questa e di altre, che hanno visto il Saviano ancora una volta sotto accusa. Sempre per plagio ovviamente. Dalla Germania, alla Francia, alla Spagna, al Regno Unito, all’Albania, al Kosovo, agli Stati Uniti. Dappertutto Saviano è noto per essere diventato famoso grazie a un romanzo macchiato indelebilmente dal suo peccato originale: ha copiato gli articoli di cronisti locali. Che si sono rivolti a un giudice e lo hanno fatto condannare in via definitiva per plagio.
Lui e la casa editrice che ha editato il romanzo: la Mondadori della famiglia di Silvio Berlusconi. Le Monde, El Pais, The Guardian, Paris Match, Daily Beast, tra gli altri, hanno riportato le accuse di copia incolla come hanno fatto alcuni tra i giornali italiani, come il Sole 24 Ore, il Fatto Quotidiano e Dagospia. Gli altri fanno molta resistenza, chissà perché, tanto che la notizia della condanna definitiva per plagio fu riportata da La Repubblica, il Corriere del Mezzogiorno (Corriere della Sera) e il Mattino come una vittoria di Saviano.
Come è ormai noto, non solo Cronache ha additato lo “scrittore” per l’illecita riproduzione dei propri articoli. L’americano Daily Beast, ad esempio, con un articolo di Michael Moynihan, ha parlato di copia/incolla addirittura da Wikipedia, oltre che da alcuni cronisti, sulle vicende legate al narcotraffico. Lo scrittore Giampiero Rossi lo ha accusato di aver copiato un monologo televisivo dal suo romanzo “La lana della salamandra”.
Ma è Cronache che Saviano odia in maniera viscerale. Siamo stati noi a smascherarlo, a sputtanarlo agli occhi del mondo. Perché ha copiato i nostri articoli e la giustizia italiana lo ha riconosciuto, per cui chiunque può permettersi di dire che dovrebbe cambiare mestiere e fare qualcosa che è in grado di fare con le proprie mani.
La causa per plagio
Quanto hanno pesato gli articoli di Cronache di Napoli e di Caserta nella stesura del romanzo Gomorra? Roberto Saviano e la Arnoldo Mondadori Editore della famiglia Berlusconi lo sanno bene. Perché da quando lo scrittore e la sua società editrice sono stati condannati in via definitiva per il plagio dei nostri articoli, il procedimento per la sola quantificazione del risarcimento dei danni alla Libra Editrice è passato altre due volte dalla Corte di Appello di Napoli e ora è per la terza volta al vaglio della Corte di Cassazione.
I temi trattati negli articoli copiati erano di enorme importanza. Non riguardavano fatti di importanza marginale, nella storia della camorra campana. Uno riguardava l’arresto di Paolo Di Lauro, sanguinario boss napoletano, che aveva reso Scampia e Secondigliano la più grande piazza di spaccio d’Europa. Un altro riguardava la struttura interna del clan Di Lauro, organizzato come una impresa “multilevel”, per citare l’espressione usata dal giornalista di Cronache Simone Di Meo e “rubata” da Saviano. Un altro riguardava i patti di non belligeranza tra organizzazioni mafiose.
Insomma, vicende di enorme importanza, che qualunque giornalista vero conosce nei particolari, soprattutto grazie al lavoro scrupoloso e coraggioso dei giornalisti di Cronache. Ma allora perché copiare da Cronache di Napoli e di Caserta? Possibile che Saviano non sia stato in grado di scrivere a parole sue cose che avrebbe dovuto conoscere bene? E soprattutto, perché dopo che è stato condannato per plagio Saviano continua a venire ospitato dai giornaloni dei grandi gruppi imprenditoriali e in televisione?
Ma i grandi media nazionali non si limitano a dare voce allo scrittore copione. Per difendere l’indifendibile diffondono addirittura fake news. Come è accaduto nel caso della condanna in Cassazione di Saviano, quando La Repubblica, il Corriere del Mezzogiorno (Corriere della Sera) e il Mattino di Francesco Gaetano Caltagirone riportarono la notizia scrivendo che Saviano aveva vinto la causa. Un episodio inquietante, raccontato dal Sole 24 Ore, dal Fatto Quotidiano, da Dagospia con un articolo di Carlo Tarallo e da Huffington Post.
Eppure su Saviano i giudici sono stati chiarissimi: “Il raffronto del brano di “Gomorra” con l’articolo di Libra dimostra la fondatezza delle lagnanze della Libra. In “Gomorra” il Saviano ha infatti realizzato un’abusiva riproduzione pressoché letterale della parte iniziale del pezzo giornalistico (i tre percorsi, l’ipotizzata traduzione per via aerea, le lepri e l’auto sospetta), cui ha fatto seguire una contraffazione (o plagio camuffato) della restante parte dell’articolo, appropriandosi in maniera plateale sia dell’associazione dell’arresto di Di Lauro a quello di Giovanni Brusca, sia della descrizione dello stato d’animo dei carabinieri (sottolineando, come aveva fatto il giornalista, la “soddisfazione” per la cattura del latitante!), sia infine dello stridente confronto tra la spavalderia di Cosimo Di Lauro ed il fiaccato atteggiamento mostrato invece da Paolo Di Lauro, peraltro collocando nel libro questi tre spunti nell’identico ordine in cui essi risultano esposti nell’articolo copiato”.
“Risulta evidente che il Saviano non si è limitato a riferire nella loro rigorosa oggettività notizie desunte aliunde, ma si è appropriato anche delle modalità con cui esse erano state esposte, nonché delle parole più significative (“multilevel”, “promotori”, “finanziatori”) adoperate dal giornalista. Si è quindi in presenza di una riproduzione abusiva in senso stretto. Hanno infatti rilievo predominante le lampanti identità strutturali e lessicali tra i due pezzi, certamente non giustificabili dal fatto che il Saviano avrebbe “ascoltato” le notizie nel corso delle conferenze stampa tenute dagli organi inquirenti”.