Lo spauracchio della destra xenofoba per il via libera all’inciucio Pd-M5S

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

In questi giorni abbiamo assistito ad endorsement reciproci tra Cinque Stelle e Pd in vista del voto delle Regionali. L’obiettivo è semplice: mettere insieme un’accozzaglia di storie, simboli e persone per tentare di strappare qualche Regione all’avanzata del centrodestra. Insomma, il classico inciucio tra due forze che fino a ieri (l’altro) si erano combattute a suon di post e tweet dalla ferocia inenarrabile e che oggi, come per magia, governano insieme il Paese, tentando di far leva su un momento di amnesia collettiva, che – per fortuna – appare tutt’altro che contagioso per ora in Italia. Ma come fare a legittimare un inciucio di tal portata spacciandolo per un’alleanza politica? Autorevoli esponenti democratici già hanno implicitamente dettato una linea. Mi riferisco al ministro Franceschini (“Dobbiamo provare a costruire una casa comune con i sassi che ci siamo tirati a vicenda. Vale per noi e per i Cinquestelle”) o ad alcuni rappresentanti del Sud come il collega consigliere regionale e commissario del partito in Calabria Stefano Graziano (“Siamo in una nuova logica di bipolarismo, in cui servono alleanze larghe e progetti condivisi per battere una destra xenofoba e razzista”). Senza dimenticare lo sforzo compiuto proprio da queste colonne dall’europarlamentare Pd Cozzolino, che – volando un po’ più alto – ha sollecitato un dibattito politico sulla possibilità di mettersi insieme al Movimento di Grillo alle prossime elezioni Regionali in Campania.

Ma è soprattutto sullo spauracchio della destra xenofoba che fa del centrodestra un covo di razzisti che inviterei a ragionare. Si tratta ovviamente di una banalità ma anche del sintomatico atteggiamento discriminatorio che sul piano politico i Dem hanno storicamente assunto contro gli avversari politici, trasformandoli in nemici. E’ accaduto con Silvio Berlusconi ieri, si sta verificando con Matteo Salvini oggi. Si tratta, è superfluo dirlo, di una politica asfittica, dal fiato corto, che non porta da nessuna parte. L’ha capito anche Matteo Renzi, che si è ripreso la scena a sinistra con Italia Viva, un’iniziativa che suona come una sentenza per il Pd: “Lascio il partito perché manca una visione sul futuro”. Nei prossimi mesi capiremo quale ulteriore piega prenderà la narrazione sbilenca ed opportunistica, fondata sul peggiore terrorismo psicologico, che vorrebbe il Partito democratico incarnare un improbabile argine rispetto all’incombente rischio di una deriva antidemocratica condotta nelle piazze dai pericolosi nemici del centrodestra. Pur di nascondere o edulcorare l’imbarazzo per alleanze basate sulla mera convenienza e, quindi algebricamente convincenti, si solleticano gli appetiti forcaioli più deteriori. Allo stesso modo, si cerca di ammantare di civismo accozzaglie improbabili fatte di spezzoni di Pd e Movimento Cinque Stelle in vista delle prossime scadenze elettorali. Un dato confermato dalle recenti trattative in Umbria ed in Calabria tra il Partito democratico e i grillini. La verità è che lo storytelling Dem del mito della destra xenofoba, spauracchio buono per tutte le stagioni, non sta in piedi. Come non sta in piedi la velleità secondo cui ad indirizzare l’azione politica del Pd verso l’inciucio con i Cinque Stelle sia stato “il bene del Paese”, espressione vuota di significato ma d’effetto, che vorrebbe il fronte zingarettiano costretto a serrare le fila per evitare chissà quale sfacelo agli italiani. Voglio ricordare soltanto per un momento che le accuse più subdole ed intrise di complottismo in questi ultimi anni a cariche dello Stato sono arrivate da settori e rappresentanti lontani da ambienti di centrodestra. La celebre richiesta di impeachment nei confronti del Presidente della Repubblica, ancorché ritrattata ventiquattr’ore dopo, fu pubblicamente rivolta alla vigilia del vecchio assetto di governo da un autorevole componente dell’esecutivo attualmente in carica, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, e non certo da esponenti di centrodestra.

Ciò smentisce una volta in più la rappresentazione superficiale e goffa confezionata dal Pd di Franceschini e compagni. Una retorica ad uso e consumo di un tornaconto interno al Partito democratico e al centrosinistra, che non risparmia ovviamente la Campania, per le cui Regionali, sempre il collega Graziano, nonostante la posizione più cauta del presidente De Luca dopo lo smacco dei sottosegretari, immagina pubblicamente, attraverso interviste ad autorevoli quotidiani, la riproposizione dello stesso schema del governo nazionale anche qui da noi. Insomma, davvero si può pensare che i cittadini siano così ingenui da sorbirsi, anche all’ombra del Vesuvio, l’inciucio Pd-Cinque Stelle dopo gli stracci volati in Consiglio regionale tra Governatore e grillini per quattro lunghi anni? Per ora, ciò che è certo è che si tratta di un tentativo maldestro di camuffare interessi di parte. Dall’altro lato, invece, c’è un centrodestra unito, con al suo interno tutte le anime moderate e riformiste storicamente presenti al Sud e nel Paese, che non consentirà operazioni truffaldine ai danni dei campani, finalizzate a distrarre l’opinione pubblica e a trascinare la Campania in un bailamme senza precedenti.

Ermanno Russo
Vice Presidente Consiglio regionale Campania
Consigliere regionale di Forza Italia

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