Il garante della privacy dà ragione a Giuseppe Conte e intima a Davide Casaleggio di consegnare al M5S l’elenco degli iscritti entro cinque giorni. Il numero uno di Rousseau chiede chiarimenti perché, nei fatti, il Movimento un leader ‘certificato’ a cui affidare i dati non ce l’ha. Giuseppi è stato scelto da Grillo e non dalla base e soprattutto non è iscritto al partito. I contrasti romani hanno forti ripercussioni sui territori, soprattutto nelle città che andranno al voto a settembre. A Napoli, i consiglieri regionale e comunale Marì Muscarà e Matteo Brambilla con il supporto di una parte degli attivisti, sono pronti a disobbedire all’ordine di scuderia che è quello di appoggiare Gaetano Manfredi candidato Pd-M5S-Leu, a presentare un candidato proprio e a rivendicare l’utilizzo del simbolo. E’ chiaro che l’iniziale propensione a farsi andare bene tutto e il continuo ripetersi “vediamo che succede”, ha portato parte dei grillini a ‘sbroccare’. Il risultato dell’atteggiamento settario dei diversi leader pentastellati, da Beppe Grillo nelle vesti di garante ai capi politici Luigi Di Maio e Vito Crimi e i rispettivi cerchi magici, è il caos che rischia di cambiare la storia delle prossime Amministrative a cui i dissidenti intendono partecipare autonomamente. “Battaglia legale?– ha detto Muscarà ieri ad un incontro pubblico al Maschio Angioino con gli attivisti – La faremo se ci fosse un’opposizione nel darci il simbolo, cosa che per adesso ancora non sappiamo. Noi siamo legittimati perché io per 4 anni sarò Movimento 5 Stelle, portavoce di Napoli, eletti in consiglio comunale, fino a ottobre. Ci deve essere qualcuno che ci dica ‘tu sei stata eletta ma non hai diritto al simbolo. Dopodiché che faccio, mi trasformo anche all’interno della Regione Campania? Che cosa succederà? Loro vogliono andare con Conte e saranno loro che avranno bisogno di un altro simbolo. Alla fine secondo me saranno loro ad andare via”. La questione è delicata: la titolarità del simbolo è di Di Maio e di Casaleggio due ex amici le cui strade si sono divise. “Il simbolo è in mano a due persone, a Luigi Di Maio e Davide Casaleggio – ha ricordato Brambilla – ogni eventuale controversia la devono risolvere loro che sono i titolari a farlo. Al momento c’è un giudice di Cagliari che dice che il M5S non ha né un capo politico né un direttorio e va votato su Rousseau come ultima cosa da statuto. La battaglia è nazionale non locale. Noi però a livello locale vogliamo vedere fin dove si può arrivare perché diciamo siamo noi il M5S”. Il nodo centrale è uno: il M5S contiano (che comprende Di Maio, il presidente della Camera Roberto Fico e la maggioranza dei parlamentari) è già in corsa per le Amministrative con il Pd, Leu e Manfredi, quello dei ‘dissidenti’ (che è più vicino a Casaleggio) sta individuando un percorso alternativo che rischia di essere d’intralcio a dimaiani e fichiani. “Noi faremo un passo alla volta – ha sostenuto Brambilla –. Se non ci metteranno nella condizioni di rappresentare ancora il M5S ognuno prenderà la sua scelta politica e di vita e decideremo tutti insieme che fare. Vedremo i modi e i tempi. Vedremo insieme se andare avanti lo stesso”. Decidere insieme significa dare la parola alla base, ma in che modo? “O su Rousseau – ha chiosato Brambilla – se verranno risolti i problemi a livello nazionale altrimenti troveremo altre modalità che siano trasparenti che decidano chi sarà il candidato che dovrà portare avanti il programma. Il programma in pillole verrà presentato sabato 5 giugno. Fatto con metodo Rousseau. Evento nel quale spiegheremo che percorso è stato fatto con gli attivisti”. Il Pd e il ‘M5S ufficiale’ restano in silenzio: oggi incontreranno Manfredi insieme a tutta la coalizione. Ci sarà anche il vice di Vincenzo De Luca, Fulvio Bonavitacola. Non Francesco Emilio Borrelli dei Verdi.
M5S a pezzi, i dissidenti rompono con Conte: “Il simbolo non è tuo”
I grillini di Napoli in rivolta gelano anche Manfredi. Pd in silenzio. Il garante della privacy frena Casaleggio: “Fornisca gli iscritti”