M5S, la giustizia allarga la crepa: Conte boccia la riforma, il blog la salva. Domenica assemblea

La giustizia è solo l'inizio. Mentre il Comitato dei 7 continua a limare le distanze sul nuovo statuto, nel Movimento il clima resta incandescente.

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

ROMA – La giustizia è solo l’inizio. Mentre il Comitato dei 7 continua a limare le distanze sul nuovo statuto, nel Movimento il clima resta incandescente. La battaglia interna che si è aperta sulla riforma Cartabia è solo l’antipasto di quello che potrà accadere da qui a qualche settimana, con due blocchi contrapposti che si contendono la leadership dei gruppi: quello dei governisti (più numerosi) e quello dei ‘contiani’. Da par suo, Giuseppe Conte è tornato a far sentire la sua voce, scegliendo la platea dei giovani di Confindustria, ma non è un buon segnale per quanti sperano di navigare in acque tranquille. “Ho apprezzato molto il lavoro della ministra Cartabia, ma non canterei vittoria, non sono sorridente in particolare sull’aspetto della prescrizione. Siamo ritornati a quella che era nel passato ed è stata un’anomalia italiana”. Il giudizio è tranchant sul testo, frutto di una lunga mediazione con il M5S, che ha coinvolto sia Draghi che la stessa ministra Marta Cartabia: “Rispetto al resto d’Europa – prosegue Conte – stiamo dicendo che se un giudizio di appello durerà 2 giorni e un anno, se un giudizio di Cassazione durerà un anno e un giorno, il processo svanirà nel nulla. Chi canta vittoria per questa soluzione, francamente, non trova il mio consenso”.

Il volto dell’ex presidente del Consiglio è tirato, lo scontro con Beppe Grillo ha lasciato segni evidenti. Ha accettato la mediazione ma senza accantonare del tutto l’idea di mettersi in proprio: “La leadership è una premessa per tutto quello che verrà fatto dopo – spiega ai giovani industriali -. È indispensabile chiarire questo passaggio, chiarire bene il contorno e i ruoli. Da questo punto di vista c’è un progetto statutario che si accompagna anche a quello politico. Nell’ipotesi in cui venisse pienamente condiviso, io ci sono. Altrimenti no”. Chi ha orecchie per intendere, intenda. Il garante, dopo il video dello scorso 30 giugno, in cui smorza i toni rispetto al post del giorno prima, in cui scrive di Conte che “non ha visione politica, né capacità manageriali, esperienza di organizzazioni e capacità di innovazione”, è rimasto in silenzio.

Politicamente, però, c’è. Il ‘Fatto quotidiano’ rivela – senza ricevere smentita – di una telefonata del co-fondatore con Draghi per parlare di riforma della giustizia. La stessa che Alfonso Bonafede boccia senza appelli: “Rischia di trasformarsi in una falcidia processuale che produce isole di impunità e che, comunque, allungherà i tempi dei processi”, scrive l’ex Guardasigilli su Facebook. Punzecchiando anche i suoi compagni di partito: “Purtroppo, il M5S è stato drammaticamente uguale alle altre forze politiche nonostante fosse trapelata la volontà di un’astensione. Nell’unanimità improvvisata (in Cdm, ndr) si è inevitabilmente e oggettivamente annacquata una battaglia durata dieci anni”.

E qui si palesa plasticamente la spaccatura interna, perché sul nuovo sito ufficiale del Movimento la storia viene raccontata in tutt’altro modo: “I fatti dimostrano che è stato fatto un lavoro che ha consentito di salvare la riforma della prescrizione, che gli altri partiti avrebbero voluto cancellare del tutto, con un colpo di penna”. L’unico punto su cui i due blocchi convergono è che in Parlamento occorrerà fare delle modifiche. Quali dipenderà, invece, da chi avrà il bastone del comando. Nel frattempo, dopo questo ennesima scossa, i gruppi sono sempre più disorientati e domenica si riuniranno in assemblea congiunta, con tutti i ministri M5S (Luigi Di Maio, Fabiana Dadone, Federico D’Incà e Stefano Patuanelli e la sottosegretaria alla Giustizia, Anna Macina) per parlare proprio di riforma della giustizia. Alle 16.45, proprio a cavallo tra due finali importanti per l’Italia: quella di Wimbledon con il nostro Matteo Berrettini e dell’Europeo di calcio con gli azzurri che sfidano l’Inghilterra a Wembley. Una mossa che appare strategica, perché – usando le parole del presidente della commissione Politiche Ue della Camera, Sergio Battelli – da “guerra fredda” il rischio è che “nessuno uscirà vincitore”.

Di Dario Borriello

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