Di Dario Borriello
Roma, 28 mar. (LaPresse) – Il punto di svolta del nuovo Statuto M5S di Camera e Senato, di sicuro è l’apertura all’ingresso di parlamentari in uscita da altri gruppi politici. Un cambiamento ‘istituzionale’ che non è andato giù all’intera truppa pentastellata, infatti in 3 hanno espresso voto negativo durante l’assemblea congiunta di martedì scorso, che sebbene non sposti gli equilibri su una pattuglia di oltre 200 parlamentari, resta comunque una nota da cerchiare in rosso per il M5S. “Eventuali richieste di adesione provenienti da deputati precedentemente iscritti ad altri gruppi potranno essere valutate, purché siano incensurati, non siano iscritti ad altro partito, non abbiano già svolto più di un mandato elettivo oltre quello in corso, ed abbiano accettato e previamente sottoscritto il Codice etico”, recita quel pezzetto di articolo 1 che oggi fa molto scalpore.
Ma ci sono anche altri punti ‘interessanti’ nel documento. Ad esempio al comma 5 del capitolo dedicato alle sanzioni: “Il deputato che abbandona il gruppo parlamentare a causa di espulsione ovvero abbandono volontario ovvero dimissioni determinate da dissenso politico, sarà obbligato a pagare, a titolo di penale, al Movimento 5 Stelle, entro dieci giorni dalla data di accadimento di uno dei fatti sopra indicati, la somma di euro 100 mila”. Una multa salatissima, che di fatto introduce una sorta di ‘vincolo di mandato’, anche se solo dal punto di vista economico. Inoltre, gli “strumenti ufficiali per la divulgazione delle informazioni, nonché mezzi per l’acquisizione dell’indirizzo politico e dei contributi partecipativi dei cittadini all’attività politica ed istituzionale” sono il ‘Blog delle stelle’ e il sito della piattaforma Rousseau.
In questa legislatura, poi, “ogni assenza dai lavori, incluse le missioni, deve essere motivata e comunicata, in forma scritta via e-mail, ai segretari d’aula se si tratta dei lavori d’aula e al capogruppo della commissione, se si tratta dei lavori di commissione”. Per il Movimento sono punibili “reiterate ed ingiustificate assenze dai lavori”, sia della Camera di appartenenza che del gruppo, “reiterate violazioni dello Statuto e del Codice etico”, “mancate dimissioni dalla propria carica in caso di condanna penale, ancorché non definitiva, “mancato rispetto delle decisioni assunte dall’assemblea degli iscritti con le votazioni in rete”, “mancato rispetto delle decisioni assunte dagli altri organi del M5S”, “mancata contribuzione economica alle attività del Movimento “, “comportamenti suscettibili di pregiudicare l’immagine o l’azione politica del M5S o di avvantaggiare altri partiti”, “comportamenti connotati da slealtà e scorrettezza nei confronti degli altri iscritti e eletti, “mancata cooperazione e coordinamento con gli altri iscritti, esponenti e eletti, anche in diverse assemblee elettive” e “tutte le condotte che vìolino, del tutto o in parte, la linea politica dell’Associazione Movimento 5 Stelle”.
Infine il capitolo economico. L’articolo 3 del Codice etico, che è parte integrante delle regole per i parlamentari pentastellati, obbliga i portavoce “a contribuire personalmente all’attività del Movimento 5 Stelle con uno specifico onere di concorso economico, proporzionale alle indennità percepite per coloro che sono eletti ovvero designati nelle istituzioni nei termini infra meglio precisati”. Piccola postilla conclusiva: i deputati e senatori M5S sono tenuti a “votare la fiducia, ogni qualvolta ciò si renda necessario, ai governi presieduti da un presidente del Consiglio dei ministri espressione del Movimento”. Mani libere, dunque, in caso di ‘terza via’ per il governo.