PALERMO – La Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha delegato la squadra mobile nell’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del capoluogo nei confronti di 9 indagati (di cui 8 in carcere ed 1 agli arresti domiciliari), ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Il provvedimento restrittivo scaturisce da una complessa attività di indagine avviata dalla squadra mobile e dal Servizio centrale operativo della direzione centrale anticrimine, nel 2020 e coordinata dal sostituto procuratore della Dda Dario Scaletta e dall’aggiunto Paolo Guido, che avrebbe consentito di ricostruire l’organigramma delle famiglie mafiose del mandamento della Noce Cruillas che comprende le famiglie mafiose della Noce, Cruillas Malaspina ed Altarello.
Giancarlo Seidita era stato arrestato per mafia nel 2008. Questa notte, quattordici anni dopo, è tornato in carcere con le stesse accuse, tra i nove arrestati su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Palermo perché ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Oltre al reggente del mandamento altri quattro scarcerati eccellenti avevano ripreso il posto nel clan salendo di grado anche in virtù delle lunghe condanne scontate. Questo è uno degli aspetti più preoccupanti del blitz di questa notte della squadra mobile di Palermo guidata da Marco Basile, coadiuvato dagli investigatori dello Sco e coordinato dal procuratore aggiunto della Dda Paolo Guido e dai sostituti Dario Scaletta e Giovanni Antoci. Nove in totale le ordinanze firmate dal presidente dell’ufficio gip Alfredo Montalto nei confronti dei clan di uno dei quartieri del centro città.
In carcere sono finiti anche Guglielmo Ficarra, Giovanni Giordano, Giacomo Abbate, Salvatore Cinquemani, Angelo De Stefano, Benedetto Di Cara, Daniele Formisano e Vincenzo Landolina, mentre Francesco Scaglione è ai domiciliari. “Si tratta – scrive il gip – di 5 soggetti già condannati a vario titolo per l’appartenenza a cosa nostra, affiliazione che comporta l’assoluta accettazione delle regole dell’agire mafioso e conseguentemente la messa a disposizione del sodalizio di ogni energia e risorsa personale per qualsiasi richiesto impiego criminale nell’ambito delle finalità proprie della stessa ‘cosa nostra’, offrendo a questa un contributo anche materiale permanente, e sempre utilizzabile, già di per sé idoneo a potenziare l’operatività complessiva dell’organizzazione criminale”.
(LaPresse)