PALERMO – La Dia di Palermo ha dato esecuzione ad un decreto di confisca, emesso dal Tribunale nei confronti di Salvatore Milano e Filippo Giardina. Entrambi 66enni. Il provvedimento scaturisce da due distinte proposte del procuratore di Palermo (depositate nel 2013 e nel 2014). E che avevano già portato al sequestro dei loro beni, costituiti da partecipazioni sociali, compendi aziendali, beni immobili e mobili registrati, rapporti bancari.
Le indagini avviate nel 2007
Le indagini hanno preso l’avvio, nel 2007, da un appunto trovato nel covo. Dove furono catturati i latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo, in cui si faceva riferimento alla catena di negozi ‘Bagagli’. Lo stesso riscontro era emerso in un altro contesto investigativo, nel corso di un’intercettazione. In cui gli interlocutori discutevano di interessi di Milano nella stessa catena di negozi.
Gli inquirenti hanno ricostruito la biografia criminale dei due
Gli accertamenti eseguiti, confortati dalle dichiarazioni rese anche da importanti collaboratori di giustizia hanno consentito di ricostruire la biografia criminale e la parabola economica dei due. Facendo emergere una rilevante sperequazione fra i redditi dichiarati da loro e dai rispettivi familiari, in relazione agli acquisti ed agli investimenti effettuati. Peraltro ritenuti viziati dall’impiego di capitali di provenienza illecita, spiegano gli inquirenti. Infatti, le indagini economico-patrimoniali e l’analisi dei flussi finanziari esaminati dalla Dia hanno evidenziato passaggi di denaro di provenienza sospetta. Tra cui ingenti entità di versamenti in contanti, dubbie vincite al lotto, ritenute dal Tribunale simulate attraverso un collaudato sistema di cessione di titoli vincenti.
I giudici, concordando con le risultanze emerse, hanno inoltre rilevato non solo una sostanziale coincidenza temporale tra l’epoca dell’intestazione fittizia di quote delle società ad esponenti familiari di Filippo Giardina e l’espansione delle attività compiute sotto l’insegna ‘Bagagli’. Ma anche l’impossibilità di risalire all’origine della provvista per alcune operazioni commerciali, la presenza nei loro conti di importi incompatibili con i redditi dichiarati, l’insufficienza di risorse lecite necessarie a fare fronte agli investimenti connessi alla partecipazione nelle società. Rilevando, in tutto questo, elementi sintomatici della provenienza illecita dei capitali investiti nelle società confiscate.
Confisca di beni per una valore di 8 milioni di euro
Gli elementi raccolti hanno portato all’emissione del provvedimento di confisca, che ha colpito i seguenti beni riferibili a Filippo Giardina o a membri del suo nucleo familiare. Ovvero riconducibili a Salvatore Milano. Tra cui l’intero capitale sociale e relativo compendio aziendale di 3 società di capitali (attive nel commercio di pelletterie), i beni aziendali di un’impresa individuale, 7 appartamenti, un’autorimessa, 14 terreni, quote di immobili, 4 automobili, 2 moto ed uno yacht, conti correnti, titoli, depositi bancari e varie disponibilità finanziarie.
In particolare, sono stati confiscati a Palermo i punti vendita della catena dei negozi di moda ‘Bagagli’ di via Libertà, di via Messina e di via XX settembre e una tabaccheria di via Messina Marine. Il valore complessivo del patrimonio confiscato è stimato in circa 8 milioni di euro.
Le disposizioni del tribunale
Il Tribunale ha disposto anche il dissequestro di altri beni (appartamenti, magazzini, terreni e disponibilità finanziarie) in favore di prossimi congiunti e parenti di Giardina e Milano. Il Tribunale ha poi disposto la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in città, per quattro anni, nei confronti Milano e, per tre anni, nei riguardi di Giardina.
Il maxiprocesso e la condanna in via definitiva nel 2008
Nel maxiprocesso (nell’ambito del quale è stato condannato, unitamente al fratello Nunzio, per associazione mafiosa dalla Corte d’Assise d’Appello di Palermo) Tommaso Buscetta e da Salvatore Controno, lo hanno indicato come socio occulto delle società del marchio ‘Bagagli’. E risulta arrestato nel 2008 e condannato in via definitiva dalla Corte d’appello di Palermo per associazione mafiosa. Nell’ambito dell’operazione Perseo, che aveva portato alla luce il primo tentativo di ricostituire la commissione provinciale di Palermo di cosa nostra.
E’ ritenuto uomo d’onore della famiglia mafiosa di Palermo Centro e gestore della cassa delle famiglie del mandamento di Porta Nuova. Per conto di cui provvedeva, con fondi illeciti, al sostentamento degli esponenti mafiosi detenuti o da poco scarcerati. Giardina è ritenuto, invece, vicino ad alcuni affiliati all’associazione mafiosa, particolarmente a Milano di cui è cugino acquisito. Formale intestatario delle attività economiche svolte sotto l’insegna Bagagli, è ritenuto legato a Giovanni Nicchi (detenuto). Un elemento di spicco della famiglia di Pagliarelli, la cui sorella lavorava presso uno dei suoi negozi.
Le indagini della procura di Palermo
Filippo Giardina e la sua compagna Anna Fallucca, unitamente ad altre due persone responsabili del personale delle società Bagagli, nel 2015, sono stati indagati dalla Procura di Palermo. Con l’accusa di estorsione continuata in concorso.
Le accuse
Secondo le accuse, i quattro, mediante minacce di mancata assunzione ovvero licenziamento, avrebbero costretto ventisei lavoratori dipendenti ad accettare emolumenti inferiori (da 200 a 300 euro mensili) rispetto a quanto indicato in busta paga. A svolgere attività lavorativa per un monte ore tipico dell’inquadramento di lavoro full time, pur ricevendo uno stipendio corrispondente ad attività lavorativa part time; a non ricevere la quattordicesima mensilità, pur sottoscrivendo la relativa busta paga; ad usufruire annualmente di sole tre settimane di ferie in luogo dei complessivi ventisei giorni contrattualmente previsti; ad usufruire solo di mezza giornata libera al mese e non già ogni settimana, così come previsto dall’inquadramento contrattuale.
Lo stesso trattamento per i dipendenti del negozio Bagagli con sede in corso Italia a Catania. A conclusione di indagini svolte dalla Dia di Palermo, i quattro sono stati rinviati a giudizio. Il procedimento è tuttora pendente in primo grado al Tribunale di Palermo.
(LaPresse)