Milano – Lontano dai giochi, forse ‘uccel di bosco’ all’estero, sicuramente senza più contatti con le cosche. Un boss senza volto né scettro. E’ il ritratto di Matteo Messina Denaro dipinto dal questore di Palermo, Renato Cortese. Che ha già diretto la cattura del capo dei capi Bernardo Provenzano, preso nel 2006 dopo 43 anni di latitanza. Il poliziotto parla senza remore in un’intervista al Sole24 ore online. L’ultima primula rossa di Cosa Nostra “non ha più ruoli ed è lontano dalla Sicilia”. “Sicuramente è un latitante importante” ma, avverte, “gli affiliati non rendono conto a lui”. Tre giorni fa il procure nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero De Raho ha detto che “il 2019 sarà l’anno della cattura”.
Messina Denaro, classe 1962, è ricercato dal ’93 per mafia, stragi e omicidi, dall’anno successivo anche in campo internazionale. Negli ultimi ventisei anni numerose operazioni antimafia hanno fatto terra bruciata tra parenti e amici, ma della sua voce non vi è traccia. “E’ defilato, non lascia tracce, non partecipa alle riunioni, non ha strategie criminali – spiega il questore -. In questo momento storico dalle indagini su Palermo, ma anche su tutte le altre province siciliane, non credo emerga un ruolo attivo del latitante nel panorama criminale e mafioso siciliano”.
Cortese non fa sconti di pena: “Dovrà pagare i conti con la giustizia e speriamo che presto venga arrestato” anche se “la mafia è un’altra cosa rispetto alla singola cattura di un latitante. Per cui far diventare prioritario l’arresto di un latitante non vuol dire strategicamente sconfiggere definitivamente la mafia sia perché è latitante, e l’organizzazione già mette in conto che prima o poi sarà catturato, secondo perché questo latitante in modo particolare non ha alcun ruolo all’interno di Cosa nostra”.
(LaPresse)