Prima di spiegare tutte le insidie che si nascondono nella ‘nuova’ legge elettorale che vogliono Pd e Cinque Stelle, è meglio ribadire una santa ovvietà: potremmo varare anche la migliore delle leggi possibili, ma fino a che in politica si presenteranno affaristi, imprenditori, corrotti e incompetenti, ci converrà, il giorno delle votazioni, andare al mare. E veniamo alla legge elettorale che ci stanno impacchettando per Pasqua Pd e M5S, a partire dalla bozza del ‘Germanicum’ (o ‘Brescellum’) che hanno già depositato: un bel proporzionale ‘vintage’ (con soglia di sbarramento al 5%), in pieno stile anni ‘80. Tanto vintage che il giorno dopo il voto vedrei bene salire a Palazzo Chigi l’attuale sindaco di Nusco, Ciriaco De Mita: così potrà ripetere la sua incisiva performance di capo del governo che ci ha regalato tra il 1988 e il 1989 (dopo che, tra l’altro, per i venti anni precedenti era stato anche ministro e sottosegretario).
Una lunghissima parentesi governativa i cui risultati sono ancora oggi visibili, soprattutto nel suo territorio di origine, il Sud, e l’Irpinia in particolare: grazie alla sua produttiva e lungimirante attività ai massimi vertici delle istituzioni italiane, questi territori sono i più ricchi e avanzati d’Italia… Giusto? Oppure no? Ho sbagliato qualcosa? Non è stato così? Non è forse vero che i democristiani campani hanno tirato le fila del Paese per 40 anni e i primi a beneficiarne sono stati i loro territori e i nipoti di chi all’epoca li votò e rivotò… No? Vabbè… lasciamo stare. Torniamo ai ‘campioni’ che ci toccano in sorte oggi: democrazia cristiana a parte, ecco che ci ripropongono il ‘benedetto’ proporzionale, quello che così fedelmente riporta in Parlamento, sotto forma di sigle di partito, tutte le varie inclinazioni politiche degli italiani. Ma proprio tutte: ne vedremo una ventina di inclinazione ‘moderata’, una decina ‘di destra’ e una trentina ‘di sinistra’. Ed è una stima prudenziale.
Con il ‘proporzionale puro’ faranno a gara a scindersi ancora di più, in modo da poter avere tutti un pretesto per sedersi ai tavoli delle trattative post-voto. Anche i ‘rivoluzionari’ Cinque Stelle, quelli che volevano spaccare, ripulire e snellire il Parlamento, saranno uno di questi pretendenti al trono. Si siederanno ai tavoli e potranno piazzare qui e là piccoli avamposti di piccole future battaglie. Quindi addio sogni di gloria. Addio scatolette di tonno e addio stabilità dei futuri governi. E questo non vuol dire che il proporzionale sia di per sé un sistema sbagliato, perché ha il grande merito di essere il sistema più ‘rappresentativo’ possibile. Il problema è come verrà ‘interpretato’ dai nostri beneamati. Il proporzionale, quindi, lo vogliono i partiti che attualmente sono al governo. Gli altri, quelli dell’opposizione, avevano tentato di ottenere, tramite un referendum abrogativo, il contrario, e cioé un maggioritario puro (con la cancellazione dell’attuale quota proporzionale), ma ieri la Consulta li ha bocciati.
Capiamoci, anche qui: il maggioritario ha i suoi pregi, magari è meno rappresentativo, ma offre una maggiore stabilità di governo. Il problema è lo stesso: i promotori del maggioritario sono mossi unicamente da calcoli di bottega, e sono gli esponenti degli stessi partiti che negli ultimi 20 anni hanno sistematicamente tradito le volontà espresse dagli italiani con i referendum: votammo contro il finanziamento pubblico ai partiti, e poi si sono inventati i rimborsi ai gruppi parlamentari; votammo nel 1993 per adottare il maggioritario, ma poi di volta in volta, in base alle convenienze delle maggioranze di turno, il sistema è stato ‘re-infiltrato’ con siringoni di proporzionale… Insomma, trovare qualcuno in buona fede, di cui fidarsi, è la vera sfida di questi anni Venti.