ROMA – Sono da poco passate le otto del mattino quando le agenzie battono la notizia di un vertice tra il premier Giuseppe Conte e i due vicepremier. L’obiettivo: “Fare il punto sul decreto fiscale e sulla manovra in vista della lettera di risposta da inviare a Bruxelles”. Questo dopo i duri rilievi espressi dalla Commissione sui documenti di programmazione economico-finanziaria inviati da Roma.
L’agenda mattutina
Nel corso della mattinata, però, si va delineando una realtà diversa. Non c’è alcun vertice, ma due riunioni informali e separate prima tra il presidente del Consiglio e gli esponenti della Lega. Poi tra il massimo inquilino di palazzo Chigi e una delegazione dei 5 Stelle. Nella giornata in cui il presidente del Consiglio e il sottosegretario alla presidenza, Giancarlo Giorgetti hanno ricevuto una delegazione degli ispettori Fmi, Conte incontra prima Matteo Salvini, lo stesso Giorgetti e Armando Siri – poi, prima di partire per Palermo per la Conferenza sulla Libia riceve Luigi Di Maio. Un doppio binario ufficialmente legato a un fraintendimento su tempi e orari e sull’impossibilità di incrociare le due agende.
Assente il ministro Tria
La linea ufficiale che filtra dai vari rappresentanti del governo è che il fronte di resistenza alle pressioni di Bruxelles reggerà e sui saldi non si cederà di un millimetro. “I capisaldi della legge di bilancio non verranno toccati”, è la parola d’ordine. “La difenderò come un rugbista in mischia”, assicura Salvini. Quello che colpisce è però l’assenza di Giovanni Tria da queste consultazioni. Il ministro dell’Economia avrebbe suggerito almeno un piccolo gesto di apertura verso Bruxelles, riducendo la stima nel 2019 dall’1,5% contemplato nella nota di aggiornamento al Def, all’1,2 o 1,3%.
Lega e 5 Stelle ritengono, però, inopportuna una mossa di questo tipo, considerato che ci vorranno diversi mesi prima che le sanzioni comunitarie diventino esecutive. A questo punto nel pomeriggio di oggi Conte incontrerà di nuovo i vicepremier e probabilmente anche il ministro Tria. La lettera partirà per Bruxelles in serata a meno di un improbabile colpo di scena con una revisione delle stime.
L’attacco delle opposizioni
Le opposizioni attaccano sul giallo del vertice mancato. “La verità è che anche da questa circostanza emerge in modo plastico come nel governo e nella maggioranza i rapporti siano ormai a zero. Lega e M5S vivono come separati in casa”, dice Annamaria Bernini. Un allarme deciso e vibrante sulla manovra arriva dalla Cei. I vescovi sono riuniti in Vaticano per tre giorni, dal 12 al 15 novembre, in assemblea generale straordinaria. Il presidente Gualtiero Bassetti punta il dito contro i provvedimenti economici del governo. “Se si sbagliano i conti non c’è una banca di riserva che ci salverà. I danni contribuiscono a far defluire i nostri capitali verso altri Paesi e colpiscono soprattutto le famiglie, i piccoli risparmiatori e chi fa impresa”.
L’allarme dei vescovi
Per il presidente dei vescovi, il Paese è sospeso e infelice. Mancano investimenti e politiche di ampio respiro, aumentano incertezza, precarietà e rancore sociale. Il linguaggio è “imbarbarito e arrogante” e non fa i conti con le conseguenze delle parole. “Stiamo attenti a non soffiare sul fuoco delle divisioni e delle paure collettive che trovano nel migrante il capro espiatorio e nella chiusura un’improbabile quanto ingiusta scorciatoia”.