ROMA – Il momento del confronto, all’interno dell’esecutivo e con Bruxelles. Dopo giorni di silenzio, sms infuocati e messaggi inviati a mezzo stampa, le varie componenti che appoggiano il governo giallo-rosso si sono sedute attorno al tavolo a Palazzo Chigi, per cercare di far approdare in Parlamento una manovra condivisa da tutti.
Il premier Giuseppe Conte aveva lanciato un ultimatum forte: O si fa squadra, o si è fuori dal governo. Ora, sembra ricucire, tenendo però ben fermo l’impianto generale della prossima legge di Bilancio. Prima ancora di iniziare il giro di incontri con le delegazioni, Conte vede faccia a faccia Luigi Di Maio, che aveva fatto sentire la sua voce a difesa delle Partite Iva, il cui regime di tassazione potrebbe essere ritoccato, e degli esercenti che verrebbero danneggiati dalle nuove sanzioni per rifiuta i pagamenti con il Pos.
I pentastellati chiedono di inserire nella manovra, e magari già nel Dl Fisco che sarà il primo provvedimento ad arrivare in Parlamento, il carcere ai grandi evasori, una delle bandiere pentastellate. Dopo l’incontro mattutino con Di Maio, Conte dedica circa mezz’ora per ognuna delle principali componenti di maggioranza: prima il M5S, quindi il Pd, Italia Viva e Liberi e Uguali. Poi, per arrivare ad una conclusione condivisa, il premier mette attorno al tavolo i capi di ognuna di queste quattro forze.
Trapela che i pentastellati avrebbero ottenuto rassicurazioni sull’abbassamento dei costi di commissioni per i Pos, e sul carcere agli evasori. I dem si dicono d’accordo sui costi bancari, e discutono sul regime forfettario sulle Partite Iva. Italia Viva, da parte sua, fa sapere di avere soluzioni sui dossier Sugar Tax, Partite Iva e casa. O si adottano a livello governativo, o saranno presentate in Parlamento: questa è la linea.
Su Quota 100, invece, i renziani confermano che arriveranno loro emendamenti in sede parlamentare. “Veranno respinti, ma noi presenteremo lo stesso”, dicono Bruxelles, intanto, ha pronta una lettera per Rom. Non si tratta di una bocciatura o di un avvertimento, viene sottolineato: è una richiesta di informazioni aggiuntive rispetto al Draft Budgetary Plan inviato ai commissari europei martedì scorso. Il governo sta già preparando l’addendum coi chiarimenti, che verrà spedito entro mercoledì.
L’Ue, entro altri sette giorni, potrebbe chiedere di cambiare la manovra, come accadde l’anno scorso quando il governo giallo-verde fissò il rapporto Deficit/Pil al 2,4%, mentre quest’anno siamo al 2,2%. Poco probabile dunque una decisione simile, anche perché le previsioni di crescita dell’Ue e del Mef sono abbastanza simili (e non molto lusinghiere).
Il vero problema italiano riguarda, da una parte, il debito pubblico, che l’Eurostat ha recentemente ricalcolato alla percentuale record del 134,8% del Pil. Dall’altra, la Commissione non sembra convinta dalla deviazione dello 0,7% sul saldo strutturale. Palazzo Berlaymontchiedeva un miglioramento del saldo dello 0,6%, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, invece, prevede un peggioramento dello 0,1%. Anche immaginando che venga concessa la flessibilità dello 0,2% per eventi naturali, l’Italia rimarrebbe comunque fuori target.