NAPOLI – “Mai ho voluto essere un esempio per nessuno. Ho 86 anni per tutto quello che ho vissuto, nel male e nel bene. Sono stato malato della droga tanti anni e ho dentro il rammarico di non aver visto crescere i miei due figli”. Parole di Diego Armando Maradona, pronunciate qualche anno fa. E ribadite in ogni occasione. Concetti che sono, evidentemente, ritenuti inaccettabili dai censori che si stanno ergendo nelle ultime ore per demonizzare i suoi gestacci (censurabili in mondovisione, ma non unici nella storia dell’umanità visto quanto accade in ogni stadio e davanti a ogni tv durante una partita di qualsiasi squadra) al gol decisivo della sua Argentina, contro la Nigeria.
“E’ un personaggio di cui a volte ci si vergogna”, ha detto Enrico Mentana (che due mesi fa ha dato del coglione a un tifoso della Juventus usando un sapiente ed elegante acronimo. A proposito, tutti ad applaudire in quella occasione). “Indecente in tribuna come spesso lo era in campo”, ha aggiunto Massimo Marianella, rimasto spesso in silenzio su tante altre indecenze che si sono consumate in campo e fuori. “Sta rischiando di diventare uno zimbello”, la sentenza di Gary Lineker. Quest’ultimo aveva segnato il gol che aveva portato in vantaggio l’Inghilterra nell’epico quarto di finale mondiale della ‘Mano de Dios’ e del gol del secolo del Pibe. Diego non deve essere stato il suo grande amore, insomma. Innumerevoli i messaggi sui social che hanno condannato, anche con toni poco urbani, Maradona per il suo comportamento da ultrà sulla tribuna dello stadio di San Pietroburgo.
Ipocrisia, il male del secolo
Il problema, quello vero, è l’ipocrisia. Non si comprende come un uomo baciato dalla sorte che gli ha donato un talento irripetibile, possa essersi ridotto a fare gestacci in tribuna, a sentirsi male, in condizioni di evidente disagio fisico. Non lo si comprende perché non si ascoltano le parole di Maradona. Ha detto al mondo intero di essere stato malato e di non voler “essere un esempio per nessuno”. Ma nulla. Il mondo della perfezione raccontata sui social, che poi non si incontra passeggiando per le strade, non perdona.
Non gli perdona di essere vero, sia quando dice al Papa che può vendere il tetto di San Pietro per aiutare i poveri, sia quando si lascia andare a urla e gestacci al gol che evita all’amata Albiceleste l’eliminazione mondiale. Non si perdona a un Dio di uno sport, di essere soltanto un uomo. Pieno di difetti, come la maggior parte di coloro che lo giudicano. Come se davanti a un gol al 90′ della propria squadra ci sia qualcuno che non si sia mai lasciato andare a esultanze smodate e spesso con una punta (nella migliore delle ipotesi) di volgarità.
Due pesi e due misure
Moralisti, che sono tali fin quando il proprio orticello (o la propria squadra) non viene criticata, in queste ore si prendono la scena social e attaccano l’ex Pibe. Gli stessi che ‘i cori che inneggiano al Vesuvio non sono razzismo’, che ‘le bare con i nomi dei calciatori avversari sono solo degli sfottò’, che dire all’arbitro che ha “una pattumiera la posto del cuore” è uno sfogo comprensibile del momento. Ce ne sono tanti di modelli di campioni irreprensibili dentro e fuori dal campo. Ai quali pure sono stati perdonati momenti ‘caldi’ dovuti alla intensa tensione provocata, in alcuni momenti, dalla passione per il calcio. Esempi positivi per chi si avvicina al mondo dello sport. E meno male che ci sono.
Maradona, però, non ha mai voluto esserlo. E non va certo esaltato per questo. Va soltanto accettato per quello che è. Per il fatto di aver fatto male soltanto a se stesso, passando dall’aver toccato il cielo con un dito raggiungendo l’Olimpo del calcio, al girone infernale della dipendenza da cocaina. Alzi la mano chi davanti a una gioia calcistica non ha lanciato improperi di puro istinto contro avversari veri o immaginari. Sbagliato? Sicuramente non è da Lord. Chi è senza peccato scagli la prima pietra.