MARCIANISE – Giovanni Buonanno ha iniziato a collaborare con la giustizia: è il figlio di Gennaro Buonanno, ras del clan Belforte. Il neo pentito, 41enne, era stato arrestato dalla guardia di finanza lo scorso 31 gennaio con l’accusa di usura ed estorsione, reati che avrebbe commesso con l’aggravante del metodo e della finalità mafiosa. Da diverse settimane sta dialogando con i magistrati della Procura distrettuale di Napoli. A loro sta rivelando informazioni sull’attuale struttura della cosca e su episodi criminali, verificatisi negli anni scorsi, sui quali ancora non era stata fatta luce. Buonanno, a quanto pare, potrà essere d’aiuto agli investigatori anche nel tracciare i profili di alcuni colletti bianchi che hanno permesso all’organizzazione criminale di continuare ad investire denaro in questi anni nonostante i numerosi arresti e i sequestri disposti dall’autorità giudiziaria.
L’inchiesta sull’ipotizzato giro di usura che ha portato in cella il 41enne, ora assistito dal legale Giuseppe Tessitore, insieme al papà Gennaro, rappresentato dall’avvocato Massimo Trigari, aveva fatto scattare i domiciliari pure per l’imprenditore Paolo Siciliano (misura poi revocata), che risponde di minacce e riciclaggio. Il lavoro della fiamme gialle a fine mese sarà esaminato dal Tribunale di Napoli in sede di udienza preliminare. I pm Luigi Landolfi e Vincenzo Ranieri, infatti, hanno chiesto il loro rinvio a giudizio. Compariranno dinanzi al gup, oltre i Buonanno e Siciliano, anche Raffaele Iuliano, 58enne, Michele Campomaggiore, 57enne, e Claudio Buttone, 39enne, collaboratore di giustizia. Nel collegio difensivo gli avvocati Civita Di Russo, Matteo Moriggi, Giuseppe Foglia, Giovanna Romano e Gabriele Amodio. I sei imputati sono accusati a vario titolo di usura, pizzo, minaccia e riciclaggio.
Giovanni Buonanno è cresciuto in un contesto ad alta intensità mafiosa. Il padre Gennaro (attualmente ai domiciliari), è una figura storica dei Belforte-Mazzacane: recentemente è stato condannato a 30 anni (verdetto confermato in Cassazione) per la sua partecipazione all’assassinio di Pasquale Dallarino, delitto verificatosi nel luglio del 1997 nell’ambito della faida tra i Belforte e i Piccolo.
Il percorso di collaborazione con la giustizia di Giovanni Buonanno, se dovesse consolidarsi, rappresenterà un danno importante per i Mazzacane. In un periodo già difficile per la cosca, il fatto che il figlio di uno dei suoi storici luogotenenti abbia infranto il muro di omertà iniziando a parlare con lo Stato, dimostra, fortunatamente, l’ormai condizione di debolezza della mafia marcianisana.
La droga a Milano e il delitto Biancur
Prestiti a strozzo con interessi mensili che oscillavano dal 10 al 13 percento: è l’attività di cui si sarebbe reso protagonista Giovanni Buonanno, insieme al papà Gennaro, dal 2008 al 2016. E i due, quando non riuscivano ad ottenere le cifre pretese dagli imprenditori a cui avevano elargito denaro, ricorrevano alle minacce di morte facendo pesare la loro vicinanza al clan Belforte. Condotte gravi che il neo-pentito già nei primi interrogatori resi ai magistrati avrebbe ammesso di aver avuto. L’ordinanza cautelare che lo aveva raggiunto a fine gennaio, sul giro di usura, non è il primo incontro di Giovanni Buonanno con la giustizia. Venne arrestato anche in trasferta nel 2019. A Milano fu fermato dai carabinieri mentre viaggiava in auto con un altro marcianisano che da diversi anni si era trasferito al nord. E nella vettura erano nascosti circa 200 grammi di droga.
Da collaboratore di giustizia, se i magistrati lo riterranno credibile, potrà anche far luce sull’omicidio del 19enne Andrea Biancur: per la Dda partecipò a quel delitto (avvenuto nel 2000). Ma il figlio del ras dei Belforte in Corte d’assise appello è stato assolto. Stando alla tesi degli inquirenti, Buoanno aveva ucciso il 19enne come reazione ad un’offesa che proprio la vittima gli aveva rivolto.
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