ROMA – Capibastone in guerra in casa Pd. Il segretario Maurizio Martina, l’aspirante segretario Nicola Zingaretti, i deputati Lorenzo Guerini, Ettore Rosato e Luciano Nobili guardano al futuro del partito da prospettive diverse. Ormai è polemica su tutto.
Congresso unica salvezza
Celebrarlo è un imperativo, andava fatto subito dopo la batosta elettorale del 4 marzo scorso. O almeno così la pensano l’ex premier Paolo Gentiloni, l’ex ministro Marco Minniti e Guerini. “Il congresso del Pd va fatto in tempi rapidi anche per trovare un ‘ubi consistam’ – dice quest’ultimo – Anche in questi giorni, non dobbiamo offrire lo spettacolo al Paese di un partito che si appresta ad un congresso non con la passione, che è necessaria, ma con gli atteggiamenti della curva sud. Serve una moratoria delle battute polemiche”. Peccato che il congresso non sia in ‘scaletta’ prima di febbraio 2019.
Prove da leader per Zingaretti
Il governatore del Lazio, unico candidato ufficiale al congresso, tenta di dettare la linea. “Credo vada aperto un confronto con il M5S non per accordicchi di potere, ma per una sfida culturale”. E ancora “Siamo diversi da Macron. Quindi su convergenze per la difesa europea si, su un’idea di superamento del nostro pensiero per andare lì no”. Poi la ciliegina sulla torta relativa al cambio di nome del Pd. “Io credo che a soggetto politico corrisponde nome, io non lo escludo affatto ma dico a conclusione di un processo vedremo cosa saremo diventati”.
L’ira di Martina e di Nobili
Le parole di Zingaretti hanno provocato le reazioni degli altri capibastone. Martina si è visto costretto a ribattere. “L’esperienza del Pd è conclusa? No, affatto – ha ammonito – Abbiamo bisogno di discutere il progetto, di riorganizzarlo. Non si parte dalla coda, ma dalla testa”. Critico anche il parlamentare Pd Luciano Nobili. “Discutiamo senza litigare ha detto Zingaretti. Sono d’accordo – così su Twitter – Poi ha dichiarato che non dobbiamo fare come Macron, che ha sconfitto Le Pen e difende l’Europa. E, dalla festa di Travaglio, che dobbiamo aprire al M5S, a chi sta distruggendo l’Italia. Senza litigare: No, grazie”.
La stoccata dei renziani
Ad uscire dal limbo anche i renziani che provocati da Zingaretti sull’alleanza con Macron hanno annunciato che non parteciperanno al congresso come comparse ma con una candidatura. “Renzi si è dimesso e non ha certo l’ambizione di ricandidarsi, ma resta un leader – ha spiegato Rosato – Arriverà uno più bravo? Speriamo che arrivi uno più bravo un giorno che trascini un pezzo del nostro Paese e che diventi un leader del Centrosinistra. Ma – la stoccata a Zingaretti – non basta candidarsi per fare il leader. Al congresso ci sarà sicuramente una candidatura che proporrà una visione della società coerente con quanto abbiamo fatto negli anni di governo”. Come saggezza popolare suggerisce: finché i galli a cantare saranno troppi, in casa Pd non farà mai giorno.